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I wasn’t born to follow


11 Feb

Oh I’d rather go and journey where the diamond crest is flowing and

Run across the valley beneath the sacred mountain and
Wander through the forest
Where the trees have leaves of prisms and break the light in colors
That no one knows the names of

And when it’s time I’ll go and wait beside a legendary fountain
Till I see your form reflected in it’s clear and jewelled waters
And if you think I’m ready
You may lead me to the chasm where the rivers of our vision
Flow into one another

I will want to die beneath the white cascading waters
She may beg, she may plead, she may argue with her logic
And then she’ll know the things I learned
That really have no value in the end she will surely know
I wasn’t born to follow

Leon Bruno


10 Giu

Erano giorni sostanzialmente rock, nel senso che il significato ultimo delle cose consisteva nell’osservare con una certa fatalità intere vite – le nostre, quelle degli altri – scorrere verso la stessa galleria fatta di niente. Persino il sole era nero, annullato da una patina di inconsistenza, sulle nostre teste. Voci di personaggi morti da tempo gridavano il loro vaffanculo dietro le nostre orecchie, voci cariche di veleno verso quell’esercito di ignavi di cui abbondano le storie nascoste, voci di quegli unici eroi senza cavallo né spada che ancora oggi risplendono nel paradiso degli esseri inquieti.

Lontani dal quarantacinquesimo parallelo, lontani da una città che per motivi diversi avremmo anche potuto definire nostra. Apolidi di un territorio fatto di regole assurde definiti dai folli del piano di sopra, camminanti perpetui di una staticità a cui ci eravamo adattati con un certo livello di comfort. Avevamo entrambi i nostri patemi, miliardi di illusioni da inseguire, cumuli di errori dietro alle spalle e trecentocinquanta watt ad aggiungere vibrazioni al nostro  essere vivi. Eravamo esseri umani sostanzialmente brutti, e per questo ci piacevamo.

Ascoltavo le tue storie di quel giorno in ambasciata, a provare a spiegare ad un uomo in divisa che un figlio, per crescere, ha bisogno di un padre. Che non dovrebbero esistere frontiere né pezzi di carta né bolli e timbri, nella logica della natura umana. Pensavo che sarei diventato anch’io un cantante rock, se fossi nato dalla parte sbagliata del mondo. Per cercare in fondo alle corde vocali la legittima difesa da scagliare sul muso di chi offende con noncuranza ed ipocrisia. Per provare a dipingere una concreta linea nera sul fantasma trasparente della libertà.

Leon Bruno è voce grossa nel panorama musicale colombiano. Attiva da più di dieci anni, la band barranquillera ha suonato al fianco di importanti artisti nazionali ed internazionali. Il loro frontman, Moncho, è una delle ultime anime veramente pure che solcano i palcoscenici della nostra era puttana.

“Papà, el rock se muriò?”


26 Set

Cosas còmo el “Miche Rock Festival” no tiene absolutamente nada relacionado con lo que se pueda llamar lejanamente rock. Cuaranta anos despuès de Woodstock, todo lo que quedò de la antigua palabra, en la aldea polvorienta de Barranquilla, parece màs bien una burla boccaccesca sobre su verdadero significado. No puede sèr rock, por ejemplo, la policìa fuera del templio, revisando maletines y huevos en la busqueda de una ilusiòn de control, la policìa persiguiendo jugos de frutas y coca-colas entre las piernas de la gente. Rock analcolico.

Rock. Rock en nombre de Jesùs, que herejìa. Juro que el año pasado escuché un cantante heavy-metal, estilo noruego-pesado (que no significa nada pero suena a algo violentodepresivo) dedicar la pròxima canciòn a Jesus. Curioso. Y vagamente desubicado. Al final de todo, serìa màs o menos còmo vèr entrar a Jimi Hendrix en una iglesia para leer las letras de sus canciones desde el altar (no obstante hay quien asegura que Jesù Cristo fué un rocker, el tipico amigo rocker: todos tenemos un amigo con el pelo largo y la barba larga, que alucina de vèz en cuando).

“Donde estàn los rockeros MAS LINDOS de Barranquillaaaaaaa?”, iban chillando las presentadoras. Buena pregunta. Yo veo solamente maniquì reluciendo sus camisetas de Iron Maiden o Metallica con sus companeritas aburridas al lado, gente que no tiene ni puta idea de quien era Sid Vicious, o Jefferson Airplanes, o Keith Emerson, o Jim Morrison cuando se quedaba tres horas inmòbil grabando Spanish Caravan, o Pink Floyd, o Primus, o los millones de underground que siguen pensando la mùsica còmo algo bien electricificado, hasta llegar a la lìrica de Gustavo Cerati, a las nuevas progresiones islandeses, para que vean que el rock se evoluciona, resiste.

Estàn encerrados en sus casas, los verdaderos rockeros de Barranquilla. Lejos de los gritos de pato de cuatro presentadoras completamente desubicadas, de la inmundicia del “tropipop” vendido còmo rock (de otro modo, quien asistirìa a un concierto de TROPIPOP?), sucios y sudados, musicalmente absortos, amarrados a un giro armònico sin final, a un sòlo de guitarra sangrienta, a toda èsta mùsica que todavìa significa algo.

Rock city sud


26 Feb

Pianura elettrica, spazio elevato al cubo. La città evolve verso l’alto, verso il lungo, verso le acque di un fiume che già sembra mare. Inguaribile rimpianto per un futuro che non esiste più, un futuro che non è mai esistito, agrodolce follia tra presente e passato e passato e futuro. Rock e distorsione per le strade, rock melodico da dehor francese sorseggiando mate, non ci sono monetine non c’è marihuana ma c’è rock, rock, sui marciapiedi di Avenida Alcorta. Generale positivismo di tempi incerti, il mondo va a puttane e noi ci stiamo tutti comodi sullo stesso taxi, hermano. Le tarde luci di un’estate invertita accompagnano l’effetto-placebo, la notte tarda a scendere tra i colori del parco, nella colonia dei disperati felici.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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