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Grammatiche liquide


08 Ago

Refugio

Il sesso come un linguaggio.
O meglio:
come la sublimazione del linguaggio
come un discorso che cambia forma, per diventare il suo stesso contenuto.

Quando io e te affondiamo in quell’oscurità umida in cui tutto diventa
un’osmosi
ci stiamo dicendo molto di più di quanto non abbiano fatto le parole
che ci hanno portati fin lì.

Sulla mia pelle si sciolgono le tue paure e il tuo desiderio
tra le tue cosce stringi tutto quel che non avrei mai avuto il coraggio di dirti.

L’abbandono nei sensi diventa una confessione
una promessa
diventa semplicemente un sinonimo del nostro essere più nascosto
[che proprio per questo, non ha nome].

E ogni tuo movimento è una parola
ogni mia spinta, un verbo
e il soggetto è sempre e comunque un’unica coniugazione
un “noi”.

E’ per questo che il sesso fine a se stesso lascia un certo asciutto in bocca.
E’ come ritrovarsi, in due, al tavolino del bar
ad aspettare che la cameriera arrivi col blocknotes
e non aver già più nulla da dire.

Ed è per questo che il sesso convertito in routine ha lo stesso sapore
di quei dialoghi portati avanti
solo
per distruggere
il silenzio.
Quei dialoghi in cui si sa già la parola dell’altro
[e per questo non ci si presta più attenzione].

E’ un linguaggio, il sesso.
Buono per gli insulti, per le divagazioni, per le confessioni, per le poesie.

Basta aver qualcosa da dire.

Garage


12 Ott

In bilico su un arpeggio costante, ritmico e cromatico. Hoppipolla. Polifonico. Astruso. Quasi inesistente. Indie, rock. Selvaggio e raffinato. Che esplode in un’apoteosi di violini, che scende giù dalle montagne come un pezzo di mitologia, l’esercito definitivo che ci spazzerà via tutti. Strappami via i pantaloni. Cerca con le tue mani, tra l’inconsistente buio, tutto ciò che ci rimane, una libidinosa voglia di volere. La musica continua, so che non esiste e so che la percepisci anche tu sotto di noi, e non ha niente a che fare con la musica degli altri, là sulla spiaggia. Il problema è la nostra capacità di sognare, di sognare con un domani, e non c’è altra possibilità se non cercarsela tra le tue gambe, quest’alba che non arriverà mai. Non è più tempo di ideologie, divagazioni su come distruggere il mostro che si rigenera, lettere scritte agli amici per comunicare che effettivamente dio non esiste. Tutto ciò che ci è rimasto è un buco lungo la strada verso il mare, un aborto di garage abbandonato a sè stesso, per cercarci in mezzo al buio. E un pezzo di stoffa bianca a separarti da me, a separarmi da te, a separarci da noi.

Il sesso degli angeli


27 Giu

Ricordo quelle notti che passavo sotto casa sua, ricordo quella finestra, ricordo uomini armati e vecchie moto sonnolente. Inoltrandomi nei meandri dell’ingegno, cercavo di spingere la mia voglia di lei più in là della finestra della sua stanza, elucubrazioni inutili. Sempre guardavo con tenero timore ai vetri della finestra di una ragazza, figurandomi la membrana sottile e inviolabile delle sue tende come un’iconografia ben definita, metafora di altri segreti che una femmina sa ben custodire.

Nessuno sapeva cosa succedeva là dietro. Schiere di maledetti e di disgraziati, paraventi di un romanticismo in decadenza, si ritrovava sullo stesso marciapiede, nella stessa ora delle stesse notti, a contemplare i movimenti lenti di quella silhouette misteriosa e maledetta. Ogni battito delle sue ciglia si amplificava nel filtro ottico delle tende, e provocava un brivido di unisono nella platea sottostante. Bellezza di vita trasformata in bottiglia e stretta forte tra le mani; qualcuno indovinava il colore della piuma che portava appesa all’orecchio.

Dora ancora una volta, ancora una notte, si scrollava via di dosso quei vestiti che un conservatorismo ancora vivo le incollava alla pelle tutte le mattine. Spogliandosi di fronte alla finestra, si immergeva in un rito magico che la portava direttamente alla comunione con quel dio alternativo che si era creata. Vento o brezza, bestia selvaggia o cucciolo d’anima, principe azzurro o membro virile, si rifugiava nel culto di quell’entità multiforme ogni volta che suo padre e sua madre la chiudevano dietro un muro di insulti e pianti. Non perché avevano scoperto che un uomo si era portato via quel leggero peso che la loro bambina ormai donna sentiva nel ventre e nella mente, ma perché era lei stessa a inseguire, tra fantasie e delirio, quell’overdose di passione che la trasportava d’incanto nel suo paradiso politeista.
E quando finalmente nuda, spegnendo la luce, scostava le tende e liberava nel vuoto l’ultimo triangolo di stoffa che aveva in quel giorno coperto la sua essenza, un disgraziato, o un maledetto, scagliava sul cemento la bellezza di vita trasformata in bottiglia e stringendo tra le dita il dono del suo dio si allontanava nella notte umida, tiepida, infinita.

Per proprietà commutativa


05 Giu

Disperso tra vecchie mail e promemoria strani scritti su un ventilatore si è materializzata sotto i miei occhi una verità. Niente di cosi importante, per carità, solamente il fatto che Baltic Man era atteso sul Barranquilla-Miami-Houston delle 9.35.

Era. Non ci saranno lontani Texas, nemmeno stanche estati sotto il sole fasullo di parchi in provincia, non è più il tempo per amori di altre epoche e latitudini che inevitabilmente, e ancora una volta, rimangono per strada vittime di assurdi sacrifici cerebrali. Non ci sono orologi nè calendari, non esistono obbligazioni e contratti, le responsabilità sono sepolte sotto una montagna sporca di cd, libri sgualciti, piatti sporchi e portaceneri pieni.

Non esistono catene e non esistono manette. Tutta quella roba è un’invenzione malefica di un animalesco fabbro che fondò lontano nei secoli la prima bottega nei boulevard del cervello. Artiglieria pesante armata per difendersi dalle ragionevolezze dell’istinto, codardia e cobardia mascherata da nomi romantici come “legami” e amore“. Senza una riflessione filosofica sul significato primordiale dei termini, senza ammettere l’esistenza di altre entità nobili che si possono chiamare “fantasia” e “istinto“. Santodio, non dovrebbe e non deve essere toccare il fondo di una bottiglia per capire che le uniche catene ammesse nell’amore dovrebbero essere quelle che legano la tua principessa in estatico visibilio al legno del tuo letto, non dovrebbe e non deve comparire il vecchio angelo custode dei meandri dell’anima a illustrare il principio commutativo dei sentimenti più belli che si possono regalare ad un’entità astratta.

Io me ne rimango tra le palme e tra il sudore eterno. Sudamerica offre ancora le sue materne mammelle, e abbandonato tra salsa e cuccioli di uomo scalzi mi abbandono a succhiarne tutta l’essenza di libertà.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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