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Scrìn seiver


25 Lug

…càpito di fronte a certe interviste nei tiggì serali e concludo che il problema di fondo della televisione sta nel fatto che, alla fine, mostra la realtà.

L’eterna lotta tra il bene e il male


16 Ago

Concerto di Ferragosto I

Montagne denudate del loro intimo silenzio, sacrilego rituale pagano non peggiore di altre barbarità valligiane [i centri commerciali traboccano. Umanità bambina].
I moderni pellegrini inseguono sulle cime più alte la chimera di una diretta televisiva, “esserci” significa “essere là dove si spingono le telecamere”, esistenzialismo applicato alla realtà contemporanea.
A lui comunque tutto questo non interessa.
E’ lì per la musica, la voce del passato invisibile nel tempo.
Lo speaker radiotelevisivo esagera gli intervalli tra suono e silenzio, frenesia del piano di sotto in contrasto con ritmi d’altura, tradizionalmente, lenti.
Donizzetti, Mendelssohn, Rossini. Dove giocavano già più? In un’epoca in cui l’arte primeggiava sullo spettacolo, e il re stringeva uno scettro e non un microfono.
Le montagne, comunque, sempre uguali. Sempre lì, millenarie.
Lo speaker esalta aforismi di patria e bandiera, eppure per lui gli unici eroi possibili indossavano parrucche bianche e vestiti a fronzoli, romantici simboli di rinascimenti perduti.
A contraddire lo speaker comunque ci sono le casette militari. Pietre su pietre, sangue su sangue, pietre su sangue. La montagna non ha pietà per i labili confini dell’uomo. Sessant’anni dopo l’ultima carneficina, la montagna tutto cancella e niente perdona.
E poi comunque ci sono le aquile, i fiori, le nuvole, il nulla. Un frammento di neve che resiste al grigiume di un mare di pietre, prolungata agonia di un’estate che in extremis vincerà.
L’uomo della televisione comunque continua a parlare, la sua dialettica stordisce e colpisce. Molesta e attira. Irrita e anestetizza. Distrugge, conquista.
La musica propone e s’impone. Insinua ma non obbliga. Illude e svanisce. Dignitosamente vince, è eterna.

Foto di Elianto Blu

Guerriglieri d’ombrellone


10 Lug

La televisione. Quest’oggetto, solitamente nero, praticamente sconosciuto al sottoscritto da due anni almeno, di tanto in tanto perde il suo logico uso di mero raccoglitore di oggetti riposti per accendersi, prender vita insomma, e dire qualcosa. Per metter le mani avanti, diciamo fin da subito che il palinsesto colombiano, oltre alla pubblicità e alle sempiterne telenovelas, non ha niente di meglio e niente di peggio da offrire rispetto a quello di altri Paesi.

Eppure l’altra sera, schiacciato nella morsa di individui silenziosi e grigi, mi sono ritrovato davanti ad una trasmissione di tal Pirry, una specie di “Iena” colombiana si potrebbe dire, per classificare il personaggio. Affrontava, il Pirry, un argomento effettivamente interessante: l’appoggio (ideologico ed economico) che ricevono le FARC dall’Europa, soprattutto dal Nord Europa. La schiera di sostenitori morali, invasati, simpatizzanti vari è infinita ed apparentemente incomprensibile, alla luce dei fatti. Mentre sullo schermo scorrevano immagini di 12enni di ronda a mitra in mano, per esempio, il responsabile di un’O.N.G. danese riusciva ad affermare: “le voci di bambini guerriglieri sono solo chiacchiere. Noi continueremo a vendere magliette “FARC-EP” per sostenere la lotta di liberazione del popolo colombiano”. Se da una parte si può comprendere il romantico idealismo che legittimava le FARC all’epoca della loro nascita, va detto che l’anacronismo e la disinformazione di queste genti è effettivamente agghiacciante, e ho visto schiere di colombiani incazzarsi notevolmente di fronte ad affermazioni di questo genere.

Poi, un’immagine mi è saltata alla cabeza. Una torrida estate italiana di qualche anno fa, un lungomare, la patetica sfilata di quegli individui tutti uguali che ogni estate vanno in overdose di Lucignolo e sfoggiano la stessa maglietta, o lo stesso occhiale, o lo stesso bracciale. E mi sono ricordato di quell’anno in cui la moda erano le magliette “Narcotrafficante”, o “Pura Polvo Blanca”, o “Cocaina Colombiana”, robe cosi. ¿Ti ricordi? E ancora una volta l’umana deficienza spiegó i piú illogici meccanismi.
(foto di alias Maktop)

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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