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La rivoluzione al virtuale


02 Ago

 

In parallelo al caos sin solución che ormai definisce lo stato-delle-cose in Venezuela, sui social network di un amico – venezuelano – appaiono commenti e proclami.

L’America (intesa come Stati Uniti) imperialista, la vostra classe borghese, la rivoluzione del popolo come priorità, le menzogne della stampa.

Inutile aggiungere: si tratta di commenti ad opera di pensatori italiani, senza alcuna relazione con la realtà quotidiana del Venezuela o di un paio di suoi abitanti rimasti laggiù. La falsariga è quella dei “castristi a oltranza”, che si potevano ancora ammirare nei bar di provincia negli anni Novanta: quel che conta è il fine e non i mezzi, la battaglia è impari, la moretti è più buona della peroni.
Solo che in questo caso si tratta del chavismo, o per essere ancora più grotteschi: di Maduro, per essere più precisi di Nicolás Maduro Moros, e di quegli altri bolivarianos del siglo XXI che il fine della rivoluzione paiono averlo ben chiaro.

E’ il vecchio tarlo dell’ideologia.
Pare incredibile, ma così molti provano nostalgia verso i morbillivirus, c’è ancora spazio per le ideologie.
Per dirla con Mr. Lacarne, il principale problema del Secolo XXI è tutta questa gente del Secolo XX che ha deciso di trasferirsi fin qua.

L’immagine della profezia


19 Gen

El autor del cuadro Oswaldo GuayasamIn. EL MACUTO,Quando negli anni Settanta dipinse “El Macuto” (Il bruto), Oswaldo Guayasamin concretizzò su tela una sua immagine visionaria. Aveva previsto, nel fuoco dei cattivi presagi che popolavano l’America Latina di quelle epoche difficili, l’ennesimo caudillo populista a minacciare il futuro del suo popolo, un uomo “che avrebbe creato conflitti internazionali e sarebbe rimasto più di un decennio al potere”.

Trentacinque anni più tardi, è curioso costatare come l’arte continui ad essere l’avanguardia dell’umanità nella rincorsa al proprio futuro, dimostrando molta più fantasia come la realtà stessa. Un venezuelano, di fronte a “El Macuto”, non può fare altro che sperare di essere di fronte ad un altro ritratto di Dorian Gray.

¡Alò Presidente!


26 Ago

Niente e nessuno può spiegare il Venezuela odierno meglio che lo stesso faccione del Chàvez, rossovestito tra i rossovestiti, nella sua consueta Messa dominicale davanti a selezionati e adoranti adepti. Alò Presidente, che già rinfrescava i duri risvegli delle mie domeniche mattine colombiane, non è però nient’altro che uno tra i fattori nuovi di questa Rivoluzione Bolivariana Socialista che imperversa nel Venezuela odierno.

Le privatizzazioni.
Dal petrolio alle industrie agroalimentari, dall’energia al cemento (storia di due giorni fa, fresca), la tendenza a rendere pubblico il bene privato è una realtà chavista che solo la storia approverà o condannerà.

Il Bolìvar Fuerte
Probabilmente la manovra più oscura del “Ministerio del Poter Popular para la Economia”. Una valuta che da un giorno all’altro perde tre zeri, nuovi fogli e spicciolame e nuova confusione, e un controllo “totale” della valuta estera che può entrare e uscire nel Paese. Con la costante, conseguente, assurda impennata del mercato nero, che impenna il cambio Bolìvar-Euro (ufficialmente a 3.3) fino a un impensabile 5.0, negli oscuri anfratti dalle faccie losche. Felice il turista straniero euro (o dollaro) dotato, meno felice il Venezuelano che vuole uscire dal Paese. Filosofia-Castro travestita con altri panni.

La propaganda
E’ sulle strade, nelle piazze, ovunque. Il pannellone rosso e gli slogan vari, subliminati da cartelli stradali che mischiano un “guidate con prudenza” in questo Venezuela che “ahora es de todos”. A caratteri cubitali.

Il ruolo internazionale
“Pericoloso” per alcuni (soprattutto in Colombia), “Esemplare” per altri, questo Venezuela del XXI secolo effettivamente è la voce più grossa dell’America latina, siano valori nuovi o colossali vaccate. E’ indiscutibile.

La gente
Piuttosto divisi tra Guelfi e Ghibellini, la risposta dei Venezuelani a questa rivoluzione che non proprio hanno voluto è netta. Se molti vedono con preoccupazione il loro futuro e invitano i metafilosofi delle varie sinistre internazionali a vivere per un periodo da venezuelano per provare sulla pelle il Socialismo Bolivariano, altri vedono finalmente un Paese più equo e giusto e, soprattutto, sabotaggi e tranelli ovunque.

La conclusione di chi scrive, indispensabile a questo punto, profuma di sospetto verso tutto ciò, rivoluzione o sistema, che limita e mutila quei 4 o 5 diritti personali dell’uomo.

55 anni prima…


28 Mag

“El ùltimo fin de semana se registrò una actividad extraordinaria en el Terminal de Pasajeros de la Guajira. Solamente el domingo, en el barco espanol “Monserrat” abandonaron el paìs 580 inmigrantes. La mayorìa de ellos eran italianos. Los venezolanos que presenciaron el espectàculo asumieron una actitud discreta, salvo un negro gigantesco cuyo orgullo nacional se sintiò herido frente a la alegrìa de los inmigrantes.
“Si estàn contentos de irse, entonces no vuelvan màs nunca”, gritò.
Desde el 23 de enero, 2014 italianos han arreglado sus papeles apresuradamente, han engrosado las interminables colas en las oficinas de extranjerìa y en el consulado de su paìs, han hecho milagros con sus escasos bolìvares y estàn ahorar de vuelta en Italia. El obrero extranjero, a pesar de trabajar duramente hasta 16 horas, no ganaba en muchos casos màs de 12 bolìvares por jornada.

En la embajada se registran 1.300 italianos que solicitan ser enviados a su patria por cuenta del gobierno, pues no tienen dinero para el pasaje. Se calcula que màs de 5.000 italianos en Venezuela estàn sin trabajo. Aunque la mayorìa se siente atemorizada por los ataques de que han sido vìctimas y por las amenazas contra sus propiedades y su persona, la razòn de el rimpatrio masivo es de orden economico. (…)

En la Guajira, donde bajan a despedirlos los compatriotas que no pudieron irse, cantan y bailan, como lo hace todo el que se va, en cualquier parte del mundo. Pero en cubierta, mientras dicen adiòs a los que se quedan, mientras la atmòsfera se estremece con la sòrdida y melancònica sirena del barco, los inmigrantes lloran. Lloran todos: los que se van y los que se quedan. Ese es el ùltimo capitulo de un drama social que ha vivido Venezuela en los ùltimos 10 anos y del cual solamente ahora se puede hablar libremente”.

Gabriel Garcia Marquez, “Cuando era feliz y indocumentado”.

Vento di Guajira


05 Mag

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Proprio nell’angolo del suo estremo nord geografico, il Sud America stupisce ancora una volta e si colora di sè stesso.
Nel desertico scorrere della Penisola di Guajira, le facce della gente parlano di indio, seguendo il ritmo lento della loro genetica che fa di queste terre i luoghi più rilassanti della Colombia e, conseguenza diretta, lontani anni luce dal progresso degli altri.
Fotografie d’altri tempi si compongono là dove finisce la meccanica del pick-up, fotografie che con i piedi al vento non provo nemmeno a rubare alla gente di Guajira e all’istantanea della mente, l’mp3 d’istinto nasconde Audioslave e propone Fito Paez. Con i piedi al vento. Vento che sa di gasolina, si respira nell’aria, il Venezuela con il suo oro nero è dall’altra parte del muro e il contrabbando di energia è lì, tangibile ad ogni kilometro, racchiuso in taniche che impregnano la terra, gli animali e la vita.
L’incanto si rompe e si trasforma quando scompaiono i benzeni e le narici s’inondano di sale, brezza d’oceano un po’ benedetta e un po’ puttana che brucia le pelli e accarezza i capelli.
Lo sguardo al mare nelle grida di Riohacha al tramonto è un’intersezione di arti diverse, fotografia pittura musica e perfino letteratura, tra le pagine di Garcìa Marquez il Grande Tutto è già stato consacrato all’immortalità. Perchè l’atmosfera e i tempi e la primavera ispirano per davvero Amori ai tempi di Colera, tormenti e passioni umane che viste da qua sembrano meno fantastiche e soprattutto più vicine.
Guajira è quel tipico nome che sa di lontano, di vicino, di occhi allungati e di gasolina.

Foto, splendida foto, di “Gomoku”.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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