Avevano fame,
fame per davvero,
e si muovevano per il mondo con la spietata consapevolezza di chi sa che può agire
solo a colpo sicuro.
Apparivano nelle loro calzette gialle,
o con un velo di seta stretto tra i capelli e la notte,
là dove la pelle del collo si incontra con quella delle spalle.
Quando arrivavano, le persone raccolte intorno alle fiamme si allontanavano nel freddo,
con uno sguardo sospeso a metà tra ammirazione e fastidio,
con la pelle bruciata da un brivido,
la pelle bruciata da dietro.
Chi invece restava e si fermava ad ascoltare,
riusciva a percepire quel che nascondevano tra i capelli e la notte,
l’odore di zolfo e di rugiada che si appiccica addosso solo a chi sa che deve agire
solo a colpo sicuro,
quando la piazza è ormai deserta,
e si avrebbe voglia di calore.
Le persone come le altre allora si nascondevano dietro i vetri
e schiacciavano sotto i polpastrelli quel che mai avrebbero potuto toccare.
Osservavano ombre che si muovevano leggere nelle loro calzette gialle
e la brace della sigaretta avvicinarsi sempre più verso le labbra
e respiri carichi di fame carichi di fumo carichi di eucalipto carichi di neve,
respiri che si confessavano in vapore e andavano ad appoggiarsi proprio là ,
dove la pelle del collo si incontrava con la fossetta che scompariva sotto la seta.
Erano respiri di chi aveva imparato a non smettere di avere fame,
di aver fame per davvero.