Archive for gennaio, 2012

Movimento


30 Gen

i passseggeri seduti sul treno in corsa;

i passeggeri che camminano sul treno fermo.

 

Chi è in movimento??

 

Trappola

Il grande furto


23 Gen

Un filosofo dalla barba lunga l’ha scritto, su qualche rivista, un po’ di tempo fa.

Siamo nel momento chiave di internet, il tutto o niente.

Nel momento in cui, quello che é nato (per sbaglio) come la nuova, grande arma per la rivoluzione delle coscienze, rischia di essere defraudata del suo ruolo.

Se internet diventerá una semplice merce, non sará una merce come tutte le altre. Non é la televisione, non é un comodino, non é nemmeno la radio. Non é niente dotato di uno scopo preciso, “serve per questo e per questo dovrá essere usato”, non dovrebbe esserlo. Internet ha il grande potere della comunicazione multipla e infinita, si prende quel che serve e si dá quel che puó servire a qualcun altro, si “condivide” (to share).

Il potere, quell’entitá amorfa e ben vigile, tutto questo lo sa bene. E oggi tenta di organizzarsi, proprio per impedire questa condivisione, e conservare il vecchio sistema dell’imposizione. Io-dire-cosa-tu-pensare, tu-pensare-cosa-io-dire.

La nostra generazione (la generazione degli anni zero), senza volerlo e senza sceglierlo, si é trovata tra le mani questo grande strumento, se l’é trovata tra le mani ed ha iniziato a usarlo. Il risultato é un vertiginoso aumento di cultura e conoscenza, un repentino aumento della comunicazione tra i popoli, un’umanitá che inizia a dare altri valori al “bene” e al “male”.

Il filosofo dalla barba lunga concludeva con un preoccupato pessimismo. “Non é ancora scritta l’ultima parola”, diceva, “ma i segnali non sono per nulla buoni”. Le mosse dell’fbi, le strette intorno ai siti di vera libertá, il monopolio sempre piú esplicito di pochi grandi colossi della rete che fagocitano ogni buona idea sono qualcosa in piú di quei “segnali”.

L’unica cosa certa, é che indietro non sará possibile tornare.

i-Phone 400000


20 Gen

Si avvicina con sguardo volpino, dieci minuti prima dell’inizio del concerto. Il suo strumento é ancora nella custodia; ha altro a cui pensare. Tra le mani, il suo ultimo gioiello. L’iPhone 400000, ultimo prodigio dei prodigi, sei mesi dopo l’iPhone 399999.
E’ impaziente di mostrarmi le meraviglie dell’aggeggio. Mappa di navigazione stellare, condensatore di ricette giapponesi, connessione satellitare con Marte, l’intera produzione dei Simpson. C’é anche la tavola degli elementi chimici, e vorrei sapere come e perché dovrá mai utilizzare una roba del genere.

Nel corso del concerto, mi rendo conto che non é particolarmente attento allo spartito. Sul leggío c’é l’i-Phone 400000, che emana strane luci dal display. Mi chiedo cosa stia mai combinando, ma ha lo sguardo soddisfatto.

Quando il concerto é finito, si avvicina con la stessa eccitazione di due ore prima. Abbandona lo strumento vicino al termosifone, incurante della folla distratta. La sua mano destra, eretta, mi mostra l’i-Phone 400000 in tutto il suo splendore. Con uno sguardo di assenso, preme play e fa partire un rumore agghiacciante, come il suono di una motosega nel traffico di Bombay. E’ la sua registrazione, in presa diretta, del concerto appena concluso.

“Sai cos’é il bello di tutto questo?”, mi confida, prima di andarsene. “Il bello é che lo puoi caricare subito su internet, quasi come fosse in tempo reale”.

Seduto di fronte a quel che non c’è più


16 Gen

Un incrocio qualsiasi, nella Quito metropolitana. Un incrocio come tutti gli altri, con gli autobus che lasciano un alone di fumo solido sull’asfalto, un’umanità colorata che si perde nel cemento, il cielo costantemente grigio, sui duemilaottocento metri della metropoli andina. Davanti, dall’altro lato della strada, c’è un Subway, uno di quei ristoranti americani in tutto e per tutto simili alle bettole ecuadoriane, ma dove tutto costa due volte più caro, perchè il marchio e le luci così potenti.

Dodici mesi prima, quello era un internet cafè. Ricordo che ci entravo con un vago senso d’impotenza nella gola, un disagio incomprensibile. La sera prima, era stata una chiacchierata sfogo con una signora dalla corazza forte, a difesa di un fragile vuoto infinito. Antonieta, afroecuadoriana dallo sguardo duro, aveva perso suo figlio ventenne, lasciato morire dissanguato da un sistema sanitario privato e razzista. Raccontava cosa significa un dolore del genere, raccontava di quei sassolini che qualcuno, alle cinque del mattino, continuava a lanciare contro il vetro della sua finestra, come a voler comunicare una diversa presenza.

Era un internet cafè, alle ore 14.45 di domenica 16 gennaio 2011, fuso orario locale. Ricordo l’aria asettica, la strana sensazione che pervade ogni volta in cui si apre una connessione virtuale con un mondo distante 10.000 km più in là. Ricordo solamente lo schermo del computer che diventa buio, il colore del cielo che si squarcia su un’apoteosi di luce insopportabile, le voci dei presenti annullate da un fischio continuo, il fumo degli autobus che invade la gola il naso gli occhi, la fine.

Dodici mesi più tardi, tutto è diverso. E non c’entra niente il fatto che l’internet cafè sia diventato un Subway.

Un posto qualunque nel mondo

Home Cinema


14 Gen

Quel che si apprezza, in luoghi come Quito – e tutto il nord del sud america in generale – è l’iniziativa imprenditoriale nel campo della distribuzione cinematografica. In pratica funziona così: tanti piccoli negozi di “Cinema d’autore”, scaricano a ritmo serrato ogni genere di film, che poi trasferiscono su elegante dvd – con relativa custodia e copertina. Tali templi sono gestiti in prevalenza da trentacinquenni con i capelli lunghi e magliette inneggianti al rock o alla promiscuità sessuale, pronti a consigliare un autore piuttosto che un altro, a guidare nella selva dei loro scaffali, a segnare sulla lista degli “ordini” ogni tuo desiderio.

Un’operazione ipercollaudata (molti di questi negozi forniscono addirittura un timbro-garanzia in stile “soddisfatti o rimborsati”, per certificare la qualità del prodotto), in barba a ogni regola sul diritto d’autore, su imposte, su regole di distribuzione cinematografica (molti film presenti nel banco delle “ultime novità” devono ancora uscire in sala). Il risultato è che giovani, studenti, squattrinati e ogni genere di persone possono accedere, al modico prezzo di un paio di dollari, al grande cinema di tutti i tempi.

Tanaria Libera e rappresentata


11 Gen

Voci da conigliera bisbigliano di una possibile candidatura di un esponente del “Movimento per l’Indipendenza della Tanaria Libera” alle primarie di Mondovì in Movimento (MoMo).
Nonostante non esista ancora un nome certo per il possibile candidato, sono diversi i cognomi in lizza.

Punto fondamentale del programma sarà la difesa delle radici e del tronco della tradizione prototanàra di Mondovì, e proprio per rispettare questa necessità, il candidato dovrà dimostrare di risiedere da almeno 70 generazioni in Tanaria. Ad ogni modo, per incrementare il numero dei voti, saranno prese in considerazione proposte provenienti da cittadini residenti sotto i parametri del “qui” e “ora”. Per avallare la candidatura del rappresentante della Tanara Libera, verranno istituiti banchetti e baccanali lungo le strade e i fiumi di Mondovì, a scopo raccolta firme e valorizzazione del Tomaticus Tanaricus, prodotto tipico locale.

Nonostante il leader del Movimento non confermi né smentisca, la candidatura di un rappresentante si è resa necessaria per non permettere che Mondovì rimanga nelle mani dei banchieri. La Tanaria non permetterà mai che vengano messe le mani nelle tasche dei Monregalesi.
Indiscrezioni annunciano però che, qualora l’esito delle primarie non sia consono alle aspettative del Movimento, il candidato potrebbe saltellare da solo alle elezioni primaverili.

Geronimo Carbonò


06 Gen

Perchè?

Perchè la crisi.
Perchè la crisi, e il mondo cambia.
Perchè la crisi, e il mondo cambia, e succedono cose.
Perchè la crisi, e il mondo cambia, e succedono cose strane.

Geronimo Carbonò è una maschera. Una scusa, uno sbaglio. Un nome e un cognome rubati alla storia, un nome e un cognome dimenticati dalla storia. Il nostro nome e il nostro cognome, “nostro” di un noi aleatorio e infinito, labile e confuso, concreto.

Geronimo Carbonò ha voglia. Di fare, di distruggere, di andare avanti e tornare indietro. Ha voglia di fare l’amore in maniere strane, a lume di candela o con cera incandescente che gocciola sulla pelle. Ha voglia di analizzare e manipolare, stimolare e svanire, sognare di partire per poi tornare.

Geronimo Carbonò sono occhi, mani, piedi, meraviglie e sudori. Persone diverse, persone. Profondamente sbagliate, intimamente simili, contraddizioni univoche disperse su mille pianeti diversi scaldati da un unico sole. I nomi e i cognomi che si nascondono dietro la maschera di Geronimo sono frutto della fantasia di uno scrittore annoiato.

Geronimo Carbonò è musica, immagini, parole. Fondamentalmente, è bugia. Geronimo Carbonò è una bugia, raccontata a fin di bene. E Geronimo Carbonò è un’utopia, un tempo senza spazio, un qui che diventa adesso quando Geronimo Carbonò è.

E poi Geronimo Carbonò è anche un’Associazione Culturale. Così dice la legge. Che poi non è così male, perchè “Associazione” significa “unire insieme”, significa tanto, significa tutto, mentre “culturale”…. beh.

Ma Geronimo Carbonò è soprattutto tutto il resto. Quel che rimane da fare, quel che ancora deve essere detto.

Benvenuti a casa Geronimo.

duemilaeboh


01 Gen

Le immagini

Le parole

La musica

sono

         Femmina.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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