“Mentre il mondo si contrae noi ci espanderemo”,
dicono le persone fiduciose sui social net.
Ci espanderemo, andremo a raccogliere i frutti proibiti
i frutti del nostro essere finalmente umani,
capaci di silenzio,
di empatia,
capaci di silenzio,
e di empatia.
Così dicono le persone fiduciose sui loro balconi
ma nel frattempo cresce la paura, l’ansia, la perversione del sempre connessi.
Ci ritroveremo sopravvissuti
sopravvissuti e senza dignitÃ
a celebrare la festa dei sopravvissuti senza dignità .
– ‘Ho un po’ di febbre. Che ne pensi?
– Penso che sia normale. Hai febbre perché non esci di casa. Fumi cicche sul balcone, vivi in pigiama, e non esci di casa. È normale che ti venga la febbre. È il ritratto perfetto dell’ammalato. È così che ci vogliono, è così che ti vuoi.
‘La gente ha paura della morte, muchacho, non l’hai ancora capito?’
Ha paura della morte perché non ha mai imparato ad essere realmente viva.
Si può aver paura di morire senza essere stati realmente vivi?
Evidentemente sì.
Il fatto stesso di darsi da fare per non morire dà finalmente un senso all’esistenza dei più. E questo li accomuna all’esistenza del virus. In fondo siamo tutti sulla stessa barca. Non è il caso di essere troppo ostili, nei confronti del virus.
[per esempio. Era davvero il caso, di portare in giro quelle bare sui carrozzoni militari?]
E così
questi sono i giorni dell’essenziale.
Unghie sporche, mani ruvide, l’odore del corpo che basta a se stesso e nessuna necessità di aprirsi agli altri.
Io per esempio ho imparato a fare i muretti a secco.
In questi giorni sto facendo semplicemente a quello: muretti a secco.
Potrei parlarti di quello e di nient’altro. Non ho nient’altro da dire. Non c’è nient’altro.
E allora, sarà vero che mentre il mondo si contrae, noi ci espanderemo?
Potrebbe essere vero.
Siamo dei virus, organismi preposti al contagio.
Que pasa contigo hermano. Que pasa contigo?
Io ho sempre pensato che sia sciocco commentare uno scritto. Un testo io lo leggo, lo rileggo se mi va, lo cito a volte, ma non penso mai di commentarlo. E quindi non capisco perché ci sia quella cosa lì, in fondo al testo. Però quando qualcosa proprio mi piace, mi tocca corde, proprio quelle, quelle che vibrano alla lunghezza d’onda giusta, quelle che di solito non vibrano, allora forse è a quello che serve il commento. A rilanciare… forse.
Forse serve soprattutto e solamente per lasciare una traccia, come passare davanti a una malga di pastori abitata solamente in estate e rimettere al suo posto un elemento qualsiasi tirato giù dal vento o dalla neve.
Quando torneranno, i pastori sapranno che qualcuno è passato da lì, è passato da lì per cercare un qualcosa.
In fondo non è vero che si scrive per se stessi, soprattutto su un blog.
E quindi: bentornato Fakunin, vecchio lupo dell’etere-o.
Allora sposterò un sasso così da lasciare una traccia o un dubbio.