Archive for novembre, 2008

Verbo carne (…)


30 Nov

dejame hundirme en tu fuego
sabroseando molecolas absurdas
de humo de futuro de orgasmo de ti
en la soledad voluntaria de mi blanco

mientras me agarra me escoge me tortura
este vislumbro de neblina frente a mi
mientras el silencio ruidoso de esta tierra tuya
suenan tus bailes y tambores de cumbia
mientras tu esencia se quedò en mis labios
mientras tu ausencia ya es un viaje lejano
yo vivo de palabras y de brisa
de egoismo y de ilusiòn.

y te busco entre sabanas sucias
hojas rayadas por nuestro instincto animal
allì te leo te escribo te dibujo
obra de arte y artista genial.

30 pollici window


27 Nov

Ford Mercury 360 anno 1962 avanza a ritmo di funky. Tra cavalli e ganaderos, tra formiche e fiori a 64.000 bit, tra la mia mano e i tuoi fianchi. Una finestra di trenta pollici illumina uno spazio di tremila mondi. Taglio cucio copio incollo i miei quattro stracci al tuo costume di principessa, il colore a risoluzione massima inganna con un ritratto da circo un’essenza pura, in bianco e nero. Tagli cuci copi e incolli le mie labbra all’intima percezione della tua anima.

Un cristo in croce un sogno di calce e un vecchio revolver, una immagine e mille significati nascosti nell’effimero frame in alta risoluzione. Lo sceriffo e il camionista, i miei rayban e le tue conchiglie, un raggio di sole supera il multistrato verde del tropico travolge insetti a forma di ramo trafigge le sponde del camion e si suicida sulla tua pelle d’ebano. Il pastore coi suoi due muli, completamente perso in altri viaggi, passa accanto al gringo e lascia coda di tabacco in fumo.

E poi l’uomo dal baffo nero bestemmia, e il poliziotto in moto sorride, e le nostre storie appaiono in dissolvenza mentre sulla finestra scende la notte e si rovescia il nero.

– here more.

Così è (se vi pare)


24 Nov

Dialoghi possibili


19 Nov

AEROPORTO.
“…il motivo della sua visita in Colombia?”
“in che senso, scusi?”
“dico: studio, lavoro, turismo…che ci metto?”
“ah. Non so. Ci metta: non so”.

SUPERFICIALITA’
“gli europei sono superficiali”.
“ció può essere vero, signora”.
“ma non tu. Tu ti fai 50 ore di viaggio per vedere la tua ragazza”.
“bè, si, è vero”.
“vedi? Tu non lo sei”.
“beh, in veritá sono qua per fare l’attore in un cortometraggio”.
“còmo asì?? Allora sei superficiale anche tu!”
“…ma la regista del corto è la mia ragazza”.
“vedi? Lo sapevo che eri una buona persona”.

TRA PALCO E REALTA’
“Andrès, ti sei reso conto che il tipo che ci ospiterà sul set a Santa Marta è il padrone del villaggio intero?”
“veramente?”
“e che accetta il ruolo di camionista a patto che giriamo le scene dell’arresto con poliziotti finti?”
“ha detto cosi?”
“e che ha detto che il revolver dobbiamo trovarlo noi perchè il suo è sotto sequestro giudiziario?”
“sotto sequestro giudiziario?”
“e che accetta di ospitarci tutti e 15 nella sua hacienda a patto che non ci siano tra noi teste calde con ferri e piombo?”
“merda”.

MESSICO E NUVOLE
“…perdersi, riperdersi, e ritrovarsi”
“perso a guardare un cielo blu”
“non è blu. è cielo”.

Kundera nella valigia


12 Nov

Partire per un viaggio è una sensazione di insostenibile leggerezza dell’essere.

Reflections of this time


11 Nov

“No victims” in the emergency landing in Rome for a Ryanair flight, which had suffered multiple bird strikes on its approach to Ciampino Airport.

Who will tell it to the birds??

Karenin


07 Nov

Mi chiamo Karenin, o perlomeno si chiama così quella parte di me che esiste da questo lato del mondo. Sì, perché io ho due vite, sono due persone diverse, sono un doppio del me stesso originale che ha smesso di essere unico quando ha iniziato ad esser sé stesso, in versione originale.
Ho due vite e ho due cappotti, da indossare a seconda delle stagioni. E proprio come si può sfuggire agli inverni troppo lunghi, con un aereo per Honolulu, io posso sfuggire alla mia vita troppo fredda volando di là dal muro. Perché proprio l’aereo è la mia chiave, la stanza segreta nascosta dietro un armadio dell’FBI dove mi spoglio di tutto e mi reincarno nell’altro me stesso. Carl Kent sale sull’aereo e Superman ne scende, anche se la faccia è sempre uguale a quella stampata sul passaporto, quando avevo i capelli lunghi, ed ero solo Karenin, Karenin per tutti.
Ho due vite e non si toccheranno mai fra loro. Un aereo sarà sempre la barriera impenetrabile sospesa tra i due mondi a dividerli, ad evitare la collisione di cose e di persone nella camera iperbarica del mio cervello. Da un lato retaggi di tradizioni millenari si fondono nell’immagine del Karenin proiettata al mondo, dall’altro un’esplosione di fantasia plasma un filtro di colori con cui guardare il mondo. Io, ogni tanto, mi diverto a raccontare ai compagni di viaggio di uno dei due lati i profumi i sapori e le scale di valori che regolano la vita nell’altra vita, come quel bambino che cercava di descrivere a un cieco la mela e quello gli chiedeva “spiegami com’è il rosso e com’è il giallo”.

Io ho due vite, e non so più qual’è l’originale.

Un piccolo cursore nero lampeggia su un foglio di Word


06 Nov

Tesi.
Mentre una tazzina di caffè gialla con un caffè e le labbra da donna mi guarda.
Mentre il mondo lentamente affoga sotto un autunno bulimico.
E ogni pagina clamorosamente inutile dormiente sul mondo del web è una salvezza.
A cercare di iniziare a trovare un pensiero da scrivere.
Millecinquecento cose utili da fare e io qua davanti al nemico.
Millecinquecento cose inutili da fare e io qua davanti al nemico.
Millequattrocentonovantanove possibili vie di fuga costituiscono mordace tentazione.

Tesi è scrivere quantitativi di cose inutili su fogli che nessuno leggerà mai.
Anche blog è scrivere quantitativi di cose inutili che nessuno leggerà mai, ma perlomeno non si spreca la carta.

Acqua


03 Nov

Carezzevole esplosione di caldo sulla pelle gelata. Così me ne stavo, inebriato e in piedi sotto la doccia a tracciare un confine tra l’insensato nulla di un altro giorno lasciato alle spalle e l’insensato tutto della notte che stava per iniziare. Metaforicamente in quel bagno andava in onda uno di quei tramonti multicolor che lasciano aperta la speranza, dopo una giornata di pioggia e nebbia. L’acqua mi abbracciava e in quel momento era tutto quel che volevo.

Al di là del muro, percezioni di festa. Electricdance francese accendeva l’ambiente, dopo una mezz’ora di lounge incapace di reggere il passo dell’alcol protagonista in sala. C’era anche qualche irlandese, imbottito d’acido, a vaneggiare un contatto con chissà quale divinità. C’erano dieci ragazze forse cento ma soprattutto una, la mia, che automaticamente serrava ogni possibilità di concludere la festa tra un paio di coscie inedite.

Improvvisa ondata di luce, invasione di voci sintetiche, la porta si aprì. E subito dopo si richiuse riportando l’ovattata situazione acustica al livello rilassante di prima, anche se qualcosa in effetti era cambiato. C’era adesso nel bagno una ragazza, qualcosa di più che “una ragazza”, una presenza tanto divina quanto inattesa rompeva inesorabilmente la tacita unione tra l’acqua e la mia pelle. Per la prima volta nella mia vita mi sentìi nudo.

“Ho sempre apprezzato questo appartamento. Fate di quelle feste notevoli, addirittura la polizia ogni tanto non resiste alla tentazione di fare un salto, non è vero?”
Acqua.
“E tu chi saresti, scusa?”
“Abito qui sopra, da mesi e mesi e mesi ormai, ma voi non mi avete mai vista. Quando esco di casa dormite sempre, e quando torno non sapreste riconoscere un tavolino da vostra nonna.”
Acqua calda.
Lei solleva la gonna e si siede sulla tazza.
“Non volevamo disturbare.”
“Certo che no, semplicemente non ve ne frega un cazzo. E comunque non disturbate. Non me perlomeno. Mi sembra però maleducato non invitare proprio mai.”
Acqua bollente, pioggia acida su terreno fertile.
“E chi ti ha mai vista, a te?”
“La tua ragazza, per esempio. E non è sembrata interessata a quella buona relazione tra vicini dove uno va in casa d’altro a bagnare i fiori”.
Io sono un fiore. Lei mi sta bagnando.
“…e comunque tra una settimana parto, vado a vivere a berlino”.
“e che ci vai a fare, a berlino?”
si alza, si avvicina.
bussano alla porta.
“berlino mi ha parlato l’altra notte in una fotografia. berlino è il centro del mondo, oggi. e domani non lo sarà più. e io devo andarci”
l’acqua è diventata dita, e le sue dita hanno lasciato la consistenza del fisico per il liquido. o il gassoso. o l’allucinazione. respiro vapore, respiro lei.
“il centro del mondo…è sempre un qualcosa di troppo piccolo per viverlo comodamente”
“sarà. tipo un neurone, o lo spazio di un’idea. o un’espressione, una chimera”
grida dal mondo di fuori. sto sprofondando verso gli abissi dell’oceano e da laggiù evaporo. inconsistente umidità. calda umida perdizione
“o una vasca da bagno. per me il centro del mondo è una vasca da bagno”
“oggi. domani non lo sarà più”.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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