Archive for gennaio, 2007

Bozzolos in the world


31 Gen

Eh, come lo capisco. La trepidante attesa, i mille “eh va bè, se vado bene, se no pazienza” ripetuti mentalmente, la mole di progetti e idee strane che ti travolgono nei momenti piu assurdi della giornata.

Poi, dopo l’attimochecambialavita, un’altra, infinita sequenza di materiale mentale. Le faccende solamente, distrattamente pensate si concretizzano, i pensieri archiviati con un “nel caso, si vedrà” diventano problemi da affrontare, in lista d’attesa. Mai così pesanti, però…si pensa alla causa, al significato e al perchè di quei problemi, si pensa a quello che sarà dopo, ci si accorge che niente è piu’ pesante come prima.
L’atto finale sarà quello degli ultimi giorni, quelli delle gambe che tremano. Sarà un risolvere le ultime questioni, un salutare la gente piu’ calorosamente che le altre volte, con quel giorno che all’inizio si vorrebbe rimandare di una settimana e nei metri finali pare non arrivare piu’. Ti consuma il cervello, contorce lo stomaco, prima di restituirti una nuova vita, pulita e stirata.
Scappare da un mondo che è il tuo, lo è sempre stato, un contenitore effettivamente perfetto per il tuo equilibrio psico-fisico, ma perfetto solo fino a quando dopo un chek-in mentale non ti accorgi che ne esistono anche altri. Probabilmente, incredibile non averlo mai pensato prima, migliori.

Quel che era toccato a me adesso capiterà anche a mio fratello, che ha appena vinto una borsa di studio per un bell’annetto negli Stati Uniti. A 17 anni ancora da compiere, per una quarta superiore in un altro posto di questo simpatico globo terraqueo, a constatare come il mondo non finisca quando si arriva con lo sguardo sulla catena delle Alpi Marittime. A constatare come l’apertura mentale sia un dono non necessariamente ereditario.
Buona fortuna brother. Mi sa proprio che verrò a trovarti.

Deliri notturni in wireless


30 Gen

Certe volte capite di leggere qualcosa che si potrebbe aver scritto…stendendo un filo di collegamento immaginario lunghissimo con chi in realtà l’ha scritto, cercando di catapultarsi nella sua mente per risalire ai viaggi mentali che ne hanno portato al risultato.
Capita, ancora piu facilmente, quando si conosce personalmente, e bene, chi l’ha scritto.
La mail che ho ricevuto si intitolava Deliri Notturni. Meglio averla letta di notte, vicino a mezzometro di neve e a mezzomondo di distanza.
“..è la sciura,la diaspora, l’esodo.
tre parole, tre riferimenti religiosi, un significato comune, motivi tanto differenti quanto vicini.
Una fede a giustificarne i perchè, un dio a infondere forza e determinazione.
E senza questo dio?
Dubbi esistenzialistici, realtà misere e derelitte.
Nascita, vita, fine.
E durante?
Sensazioni di immortalità, di un’avventura senza alcuna scritta fine.
Mettere in atto comportamenti da immortale, da presenza perenne in questa realtà.
Chi in dio,sotto sotto, riferisce speranza, aspettativa di un dopo, ritrova i perchè e rimuove dalla mente il momento della fine. Sempre presente e in fondo al corridoio.
Gli altri, i condannati a morte, senza notizia sull’ora dell’esecuzione.
Passi oltre, permetti che il lavoro e una serie di insulse questioni riempano il tempo dalla nascita all’esecuzione.
Una mattina ti desti, cerchi di indirizzare la tua ennesima giornata al lavoro e alla serie di insulse questioni.
Poco dopo scopri che un tuo amico, padre del tuo compagno di viaggio nell’isla cubana, ha appena avuto un infarto.
Senti raccontare di shock alla sensazione di dover morire, di dolore fisico senza precedenti.
Il caffè che stai bevendo improvvisamente si trasforma in un amaro calice.
In quel momento ti guardi intorno, forse alla ricerca di quel dio di cui tanto parlano.
Ma, come cantava qualcuno, forse è troppo occupato e non è li con te.
Passano i giorni, cerchi di fissare qualche pensiero in uno scritto da inviare a qualcuno che, come te, ha cercato strade diverse all’insulsa quotidianità.
Ti restano una birra e un pò di musica a compagnia, un poco di alcool a scacciare pensieri enormi, come si scacciano le mosche.
A poco a poco il torpore avvolge la tua mente. Smetti di interrogarti.
Ritorni alle parole.
Due in particolare.
Esperare che, in spagnolo, contemporaneamente significa attendere e sperare.
Pacienza che, in napoletano, significa pazienza ma ricorda molto pace.
La birra sta finendo, la musica anche.
Agitarsi a nulla serve. E’ tempo di ritornare a giorni interi di viaggio, a incontri con nuovi popoli. Con facce diverse ma problemi comuni.
….tra serio e faceto, senza mai troppo prendersi sul serio, nè per questo provar timore a solcare un palcoscenico, di cui noi stessi siam spettatori e al tempo stesso attori….
La musica è finita, la birra anche.
Tante storie restano da raccontare, se ci basta il tempo….”

Krakow: tu chiamale, se vuoi…


29 Gen
E’ una centrifuga impazzita, e in un attimo ti ributta nel bel mezzo della follia.
Un valigione verde shocking, due ragnatele si formano su di lui e fanno capire che è ormai tempo di muoversi.
Hall di aeroporti lontani che ti aspettano, ti regalano ritrovati amici, ti sputano fuori nella follia un’altra volta.

In un attimo son di nuovo parole straniere, pure il passaporto pare presentare un’altra faccia, chiaro il nome è lo stesso, eppure chiunque sa che i nomi sono pure e semplici invenzioni umane, come la matematica.

Un’altra cosa sono le facce, le espressioni, sintomatiche rappresentazioni grafiche di qualcosa che accade piu’ interiormente. Come le emozioni. I nomi sui passaporti dopotutto difficilmente cambieranno, mentre invece l’espressione che lì sopra è stata cambiata difficilmente potrà ripetersi un’altra volta.

Un altro taxi ti rapisce come sempre, un’altra macchinosa sequenza di calcoli mentali che si addentrano, tra virgole e decimali, nei meandri di valute non abituali. E’matematica.
I fanali intanto illuminano materiale che qualche anno prima formavano tutto un altro set cinematografico. Eppure quei cartelli, eppure quei binari di tram, eppure quel fiume che è sempre al suo posto illuminano piu’ dei fanali. Sono, ebbene si, Emozioni.

Davanti a te, una città che si spoglia. Proprio come una consorte annoiata, che da qualche anno ha deciso di cambiare. Di cambiare tutto ma non il nome, guarda un po’, si ritorna al discorso della personalità.

E Cracovia si presenta ai tuoi occhi nuda, pronta ad accoglierti nel suo calore di ritrovato appeal. Se parli con lei non ti serve piu’ il polacco, lei ti capirà comunque. Tu, mentre la ascolti, alzi la testa e provi a cercarle, le tracce di quell’Est così lontano che in realtà è sempre stato parecchio vicino…se ripensi a quel corvo metallico di qualche ora prima ridi, lui che ora la va a trovare ogni giorno partendo da mezza Italia, proprio non può pensare di immaginarla lontana.

Una rappresentazione in miniatura di qualcosa che non troppo lentamente sta avvenendo su larga scala, non solo in Polonia ma in tutte quelle altre sorelle che hanno ripudiato mamma Russia. Ed ora fanno l’occhiolino a chi un tempo le guardava da lontano, bocconi appetitosi per chi ha dato fondo a tutta la cambusa della sua nave, ora che il supermercato sottocasa non riesce piu’ a soddisfarlo. Si può rappresentare il “bocconcino appetitoso” sottoforma di mercati, manodopera, clientela, ma anche amore, sesso, curiosità.

Mentre pensi e ripensi, cammini e ricordi, qualcosa ti investe: è la Realtà, che si presenta sottoforma di una moltitudine di facce e quasi tutte parlano spagnolo…

Vai allora, insegui la realtà, ti regalerà momenti di fuoco talmente incredibili da far scioglier la neve. Ti regalerà tonnellate e tonnellate di materiale mentale da immagazzinare, e tu sai che si fermerà nella tua mente solamente sottoforma di Emozioni.

La neve cancella i sogni


27 Gen

Il tentativo e’ tristemente fallito. Si potrebbe, tuttavia, meglio dire: rinviato. Anche se non sara’ la stessa cosa.

L’avevamo studiata bene l’impresa io e Borja, a dir la verita, approfittando di una di quelle folgorazioni che solo la ritrovata adrenalina dei tempi folli puo’ fare oltrepassare la corteccia cerebrale…da Cracovia a Kaunas con l’eroe Nazionale polacco, che non e’ il vecchio Papa o Zibri Boniek ma qualcosa di piu’ elevato spiritualmente: il Fiat 126, che da queste parti si chiama Polsky, per gli amici anche “Maluch“, “Piccolo“.

Ne avevamo trovato uno perfetto, garanzia della classe di ferro 1986, 86.000 e forse piu’ kilometri e il jolly della versione Tuning, leggi vetri oscurati e serigrafie di aggressivi serpenti sulle fiancate. Incredibile ma vero, bollo e assicurazione pagati fino all’estate.

Seicento Zloti.
Centosessanta Euro.

Un frutto non del caso, ma di assurde serate di mezzo inverno sotto il cielo del centroeuropa, che ci hanno introdotto nel gotha del panorama boccaccesco sudpolacco.

Era tutto calcolato, alla perfezione, bastava chiudere le scommesse e vedere se veramente si potevano percorrere un millino di kilometri col Maluch. E invece…

…e invece la neve, ancora una volta. Ha imbiancato, scaldato e ghiacciato (rispettivamente citta’ animi e cute) per tutta la settimana, e’ stata implacabile nel giorno decisivo, quello della trasferta fuori Cracovia per impossessarsi del Mezzo (e mai nome fu piu’ azzeccato!)

A questo punto, si ripieghera’ su un classico autobus. Dopo una settimana del genere, troppo anonimo per chi sognava in Maluch.

Todo el mundo es…


25 Gen

No entiendo como coño es posible: si te vas por los paises del Este de Europa vas a encontrar solo los españoles! ¿Porque? En España estan 42 milliones de personas: estan todas en Vilnius Kaunas o Krakow???

No, no todas: las pejoras!!

…inizio secondo tempo


22 Gen
…e si è di nuovo qui, seduti sulla stessa sedia. Sono passati 4 mesi esatti, tante cose sono cambiate, eppure la sensazione di fondo che picchia il cervello è sempre quella.

La sensazione della partenza. Quel misto di nodo alla gola, saluti e casini, cose da controllare e ponti da tagliare. Una sensazione travolgente che arriva come acqua fresca nella tormentata vita di chi ha voglia di decollare sempre, la giusta dose di tranquillità per il nomadedipendente.

Si riparte verso il Nord, non sarà subito Lituania, una settimana di compagnia ispanica mi aspetta nel sud della Polonia. Posti già visti in altri frangenti, in altri viaggi, in altre situazioni, in quello che si può definire il battesimo della mia vita da dromomane, quando con altri 2 Devoti al Viaggio, 7 kg di roba e una bici si raggiungeva per la prima volta la cara Cracovia. Erano i giorni degli anni 18…


Guardo la valigia e lei guarda me. Prima le ho ripetuto una frase che ho sentito l’altra sera dall’eterno Giovanni Lindo Ferretti:

Nella vita potrei essere un chiodo. Essere piantato, e restarmene per sempre in
quel legno. Invece ho scelto di essere un nodo: in questo modo, vengo legato da
qualche parte, ne assimilo le conoscenze, per poi sciogliermi e legarmi in
qualche altro posto.

Lei mi ha capito.

Triennale di Milano


20 Gen

Una tela come una distesa di neve scesa nella notte, da calpestare. Bianca e perfetta, anonima e vuota, sacralità o spazzatura saranno determinati da quel solito cane spietato che è il gioco del destino, e anche un solo scatto d’istinto postrà soffiare alla base di questo effimero castello di carte portandolo direttamente alla spazzatura…

No alla premeditazione, divieto d’accesso per schizzi e progetti, accanimento contro tutti i figli dei classici e le loro tecniche già viste…l’Arte è il momento, il lampo che illumina, l’accanimento di ogni idea contro un foglio di carta o un pannello di legno. Una manifestazione intera di visioni e sensazioni, che poi magari al mattino apparirà come un figlio da ripudiare, mancherà la chimica dentro le vene che tanto faceva sembrare più bello tutto nella notte prima.

Tutto questo era Basquiat, prima graffittaro e poi pittore, prima vittima delle periferie e poi grande artista, in ogni caso capace di regalare in soli 28 anni di vita una visione del mondo alternativa, con i suoi lavori quasi infantili a prima vista e straordinariamente malati sotto l’occhio vigile.

Il modo migliore per rappresentare il mondo. O no?

All in nightime


17 Gen

A present for Erasmus People on Kaunas, trying to remember all…
My Italian – Ireland – Norwegian friend made this, just a frame of the wonderful time of our Erasmus…

See you in Kaunas, again!

Quel grande punto interrogativo


07 Gen
Una settimana riavvolto nel tricolore, con tutte le conseguenze positive e negative che la faccenda comporta. L’impatto, già dal primo minuto, non è stato così differente dal previsto, tra montagne sognate e volti umani inesorabilmente diversi, calore generalizzato e il solito ultimo libro di brunovespa.

In mezzo, pesante emozione in un’inflazione di sentimenti, la cerchia di amici vari di cui non avrebbe senso parlare. Solo riflettere, inginocchiarsi, baciamano e ringraziare.

E poi, ampiamente prevista anche lei, l’intervista infinita, il travolgente fiume di curiose domande per capire qualcosa della mia nuova vita, di cos’è un Erasmus, di cos’è Lei.

La Lithuania.

Chimera lontana, immagine di Russia, sensazione di freddo e steppa, di vodka e di Nord. Interesse vivo per il qualcosa di diverso. Ricordi di un nome e di un banco di scuola, di professoresse di geografie perennemente stufe di ricollegare per l’ennesima volta le tre capitali coi tre ministati. A che servirà mai, dopotutto?
A niente, cara la mia professoressa, il tuo libro non ti dirà mai quello che è la Lituania, così come, amico mio, tutte le parole del mondo non basterebbero mai a spiegare quello che è, per me.
Questa volta non si tratta di descrivere una serata o una settimana, il fardello che schiaccia le spalle ha il peso di 4 mesi di vita e di una nazione intera, col suo popolo, i suoi usi e costumi, la sua lingua e le sue terre.

E allora via col valzer delle domande legittime, che un malato di statistica racchiuderebbe tutte in 3 rigide gabbie: il cibo, i prezzi, le donne. Dicono che gli amici sono gli specchi della tua personalità: mettiamoci il cuore in pace tutti, allora, di fronte ai ripetuti casi di devianza mentale.

Inutile scappare, inutile fuggire, le risposte prima o poi vanno date, e ci mancherebbe. E’ un rito a cui è divertente e piacevole sottoporsi, sempre restando sotto la magica cupola di misteriosità che quelle parti rappresentano. Con la solita, non banale raccomandazione: smetti di considerare ciò che è lituano come ciò che è russo, sarebbe come unificare Gino Strada e Bin Laden solo perchè entrambi hanno la barba.

Fine prima parte


02 Gen

La distanza tra spazio e tempo, ragione e delirio si confonde pericolosamente, come il turbine di suoni che si shakera sopra la mia testa, appena un millimetro più in là di quella percezione dei sensi che se ne sta lentamente scivolando via da me. Un susseguirsi in crescendo di materiale troppo forte, conseguenza di un capodanno troppo vicino al volo del ritorno. E allora, ancora una volta in questo Delirio Istituzionalizzato, spazio all’istinto e all’irragionevolezza, mente aperta ad accogliere dentro un hard disk mentale pericolosamente già al limite persone nuove, tutte maledettamente interessanti, alcolpartydevasto e sentimenti, in una maratona incredibile che mi porta qua, adesso. Sul filo del rasoio. In un aeroporto alle 8 di mattina dopo altre due notti da aggiungere alla fedina penale. Confuso, non solo perchè gli ultimi residui di energia vengono dirottati al cuore e non al cervello, ma probabilmente perché sto andando verso un qualcosa di non proprio ignoto. La sensazione di paura è agghiacciante, un incubo pungente che squarcia la carne portandosi dietro la cruda realtà: la prossima volta che percorrerò questa strada (aerea), salvo non richiesti scherzi del destino, sarà quella decisiva, il momento di congedarsi da questa vita e lasciare dietro di me il ricordo di quel che fu, per reincarnarsi da un’altra parte, ancora una volta. Non è facile accantonare l’Innominabile Realtà nella malefica atmosfera di questo mattino, fatto di troppe voci decisamente italiane che mi circondano su questa panchina. Il nemico o le radici? Il ritorno o l’arrivo? Reset, cervello. Non aiuta, non può aiutare la fredda cornice di un Duty Free, l’emblema internazionalmente riconosciuto di un ambiente sempre uguale, quell’aereoporto che cancella tutta la poesia del viaggiare livellando ogni sperduto angolo del mondo, ogni differenza tra popoli e città. Una semplicità disarmante, partenze e arrivi, Toilettes e Gates, il liquore tipico in bella mostra in vendita. Jack Daniels. Campari. Sono considerazioni di Terzani, e sia chiaro, ma chiunque abbia provato la soddisfazione di risolvere gli anagrammi di orari e destinazioni in lingue e situazioni assurde non può evitare di farle sue.

Alzo gli occhi dal computer, decine e decine di bottiglie in bella mostra davanti a me mi stordiscono in un solo momento. Mi vien da pensare che è pazzesco, che ormai la potenza dell’alcol mi riesce a travolgere senza attraversare i canali più tradizionali, proprio vero che i miei 5 sensi si stanno facendo la guerra e autoelminando.

L’unico pensiero che si affaccia nella mia materia grigia, invece, è tanto inaspettato quanto non gradito. Il futuro. Mesi e mesi di vita alla giornata, quasi “alla nottata”, hanno cancellato il più piccolo tentativo di pianificazione. E invece tra qualche ora si manifesterà la necessità di sistemare un bel po’ di tasselli, tanta roba e poco tempo.

C’est la vie, un viaggio continuo. E allora tanto vale chiudere il computer, alzarsi e ripartire. Tanto, tra non troppi giorni, sarò di nuovo nel mio estatico delirio, e allora incubi e paranoie rimarranno nel Duty Free.


Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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