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Bias cognitivo


13 Apr

Teniamo battuti i sentieri che portano verso l’acqua.
Continuiamo a farlo in questi giorni di allerta, di allarme, di infermità.
Al mondo intero non è mai più interessato un discorso del genere, Nena. Difficile possa iniziare a interessare adesso.

Il mondo ha lasciato perdersi i sentieri che portavano verso l’acqua.
Tra le fasce e le pietre addomesticate, tra le valli e le gòmbe, il mondo non è mai più venuto a controllare che la fontana continuasse a buttare su di là.
Non vedo perché dovrebbero venire proprio oggi, Nena, proprio oggi che è primavera, e tutti sono impegnati a fotografarsi dalla microtelecamerina che si portano appresso.

Ho letto i problemi di cui discutono.

Si parla di come organizzare i laboratori da remoto, di terapia d’urto, del connettersi con le proprie emozioni, di problemi col computer, pacchi da casa, trasformazione e opportunità per ripensare, ristrutturazione dello Stato assistenzialista, si parla di distanze sociali di foto dai balconi e di assenza di sole, si parla dell’affaticamento dei ragazzi per le lezioni a distanza e di una nuova maniera di re-immaginare la realtà, di seri limiti al 5G e di cosa accadrà con il tracciamento delle app, in poche parole si discute di questioni importanti e per questo mi stupisce che a nessuno sia venuto in mente di tenere battuti i sentieri che portano verso l’acqua.

L’infanzia dura poco, Nena querida, e non possiamo perdere i sentieri che portano verso l’acqua.
Già negli anni scorsi si andavano affievolendo le tracce, in mezzo al fieno crescevano piantine d’invasione e ogni anno moriva una falce che sapesse accudirle, un viandante che ne conosceva la rotta, un essere in viaggio che seguiva un cammino.

Così l’unico modo possibile per tener verde la via verso l’acqua consiste nel camminare sugli antichi passi degli altri e tenere viva la traccia, calpestare il fondo e segnare un passaggio, annunciare la propria presenza e il proprio peso a un mondo che prende le misure con l’assenza dell’uomo. Un camminare di giorno, sapendo che di notte quella stessa intenzione coinvolgerà caprioli, bracconieri e cinghiali, e così, con il passo di tutti, rimane in piedi la via verso l’acqua.

Ecco perché risulta più facile avere a che fare con caprioli e cinghiali, in questi giorni di oggi.
I pochi esseri umani che si avventurano verso il colle arrivano trafelati correndo sull’asfalto, con l’odore fastidioso di chi ha paura di essere inseguito, con la microtelecamerina in tasca pronta ad essere usata come una pistola, una pistola così come appare nelle mani di quelle genti americane che nei notiziari e nei film son lì che raccontano di aver sparato prima di essersi chiesti il senso dell’atto. Non rinunciano alla corsa, ed è per questo che hanno paura, perché sebbene esista un tiro del coprifuoco non riescono a staccarsi dall’asfalto e dall’ingordigia di correre, andar di corsa per concentrarsi in se stessi e consumare indifferentemente grassi animali e immagini di mondo, correre invadendo territori in cui ci si sentirà come invasori, invasori precari, braccati. Li attendono al varco i propri simili, con la microtelecamerina in tasca effettivamente usata come una pistola, tanti piccoli sceriffi improvvisamente assurti al ruolo di eroi, difensori di una patria, di una missione nazionale, di una guerra da vincere.

Né gli uni né gli altri, Nena, sono interessati ai sentieri che portano verso l’acqua.
Gli uni non vedono e gli altri non sanno vedere, e allora rimangono solamente caprioli e cinghiali, bestie discrete imperscrutabili e forti, bestie che si muovono sulla terra senza particolari considerazioni verso le assuefazioni virali dei molteplici uomini.
Ma i caprioli e i cinghiali camminano seguendo altre memorie e non gli interessa la grammatica del sentiero.
Se sul loro cammino il vento o l’inverno hanno divelto una pianta, troveranno il modo di aggirare l’ostacolo o di cambiar rotta, e giorno dopo giorno nemmeno loro passeranno più da lì.

E siamo rimasti noi, ancora una volta soli, inevitabilmente soli.
Abbiamo un paio di scarponi, e la primavera del mondo a disposizione.
Terremo battuti i sentieri che portano verso l’acqua, camminando verso la sorgente, e ancora una volta ci chiederemo sul senso di questo noi, perché come dicono dall’altra parte del cammino, ‘dire noi es mucha gente’.

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Il bias cognitivo (pron. ‘baiÉ™s) è un pattern sistematico di deviazione dalla norma o dalla razionalità nel giudizio. In psicologia indica una tendenza a creare la propria realtà soggettiva, non necessariamente corrispondente all’evidenza, sviluppata sulla base dell’interpretazione delle informazioni in possesso, anche se non logicamente o semanticamente connesse tra loro, che porta dunque a un errore di valutazione o a mancanza di oggettività di giudizio.
Un bias cognitivo è uno schema di deviazione del giudizio che si verifica in presenza di certi presupposti. I bias cognitivi sono forme di comportamento mentale evoluto. Alcuni rappresentano forme di adattamento, in quanto portano ad azioni più efficaci in determinati contesti, o permettono di prendere decisioni più velocemente quando maggiormente necessario. Altri invece derivano dalla mancanza di meccanismi mentali adeguati, o dalla errata applicazione di un meccanismo altrimenti positivo in altre circostanze. Questo fenomeno viene studiato dalla scienza cognitiva e dalla psicologia sociale. Fonte: Wikipedia.

 

Sciupando la tua vita in questo angolo discreto, tu l’hai sciupata su tutta la terra


11 Dic

La pace
La pace non è assenza di conflitto.

Sempre la stessa lotta per restare a galla e resistere all’impeto, a boccheggiare e sbattere i piedi fino a quando non ti accorgi che tutto è inutile e controproducente, esiste una forza che si chiama inerzia e segue una direzione e sistema le cose, esiste una forza centripeta che stringe tutto verso l’alto,ecco allora che il fiume scorre più tranquillo perché in fiume si converte, ecco che lo sforzo fisico abbandonando il corpo interte lascia spazio ai sensi, acqua sporca e limacciosa che trascina e attraversa terre diverse e abitate da popoli sedentari, palafitte in legno e fieno incastrate sotto le chiome degli alberi, contadini esploratori naviganti e sciamani, tutto scorre lungo il fiume e tutto è vivo e concreto per trenta secondi almeno, le vite degli altri che passano di lì, a portata di mano, a volte è un cenno di saluto a volte è uno sguardo di sottecchi a volte è voglia di fermarsi, ma il fiume scorre e una ragazza ci lava dentro i panni e tu vorresti dirle ti prego no, non farlo qua e non farlo adesso e lo dico per il tuo bene, acqua sporca e limacciosa è quel che troverai.

Il conflitto
Il conflitto non è assenza di pace.

Gira la ruota


19 Giu

L’altro giorno ero a Garessio, paese noto non solamente per il suo noto primato di “paese più bello del mondo”, ma anche per produrre – o meglio imbottigliare – l’Acqua San Bernardo (famosa a sua volta soprattutto per esistere in gradevoli bottiglie).

Ero a Garessio, seduto vicino a una fontana, immerso in un perenne torpore cerebrale, quando se n’è uscito il mio amico dal bar. Con una bottiglietta d’acqua Sant’Anna di Vinadio, prodotta 14.000 curve più a nord.

Dove nello stesso momento qualcuno sicuramente comprava Acqua San Bernardo.

Primo novembre, festa d’Italia


31 Ott

C’è una brezza pesante e prende a pugni il silenzio, qua sulla cima del fondo del mondo. Voci lontane e segnali indistinti, fiumi di polemiche scorrono a fecondare quella famosa madre degli idioti conosciuta ai più. Laggiù nella valle grandi attività in corso d’opera, maniacale fermento nei preparativi per la celebrazione del proprio funerale. Pare che il Ministro Distruzione abbia proposto una gran gita scolastica collettiva a Waterloo, ma nessuno sa dov’è. Hanno studiato tutti (ma proprio tutti) nella Scuola Normale Cepu ma non si capiva niente perchè valentino rossi faceva ininterrottamente il rumore della sua moto, così son diventati tutti bidelli fannulloni. Che passano tutto il giorno a guardare la tv bugiarda, perchè i trozkisti e i menscevichi mandano in onda robe strane tipo un vecchio presidente che parla strano e parla di infiltrare qualcuno e mandar tutti all’ospedale e lavarsene le mani. Cosa tecnicamente impossibile in quanto l’acqua non è più un bene pubblico e nemmeno divino, e comunque è tutta andata a spegnere i miliardi bruciati nella borsa e quella che è rimasta è privata anche se ancora nessuno lo sa, e non lo vuole sapere, perchè noi qua ci si lava i piedi con il vino. Mentre la compagnia di bandiera è stata messa sull’asta e nessuno da lì l’ha ancora tolta, impegnati tutti a cercar di stabilire se è più cinese un cinese o meno italiano un algerino.

Ho come la netta e illuminante sensazione che l’anti-italiano qua non sono io: siete voi.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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