Posts Tagged ‘casa’

Camerata


18 Gen

Sul treno.
Sale un tipo con gli occhiali scuri (nevica), gli abiti scuri, il cappotto scuro, e anche la pelle scura (questo è un dettaglio interessante).
Non c’è posto a sedere, rimane in piedi.
Mima una telefonata, non credo che telefoni veramente.
“Sì, camerata. Ci vediamo davanti alla casa di quegli schifosi, camerata. Ho portato anche il libro su quei bastardi ebrei, camerata. E’ sempre il solito discorso, il solito problema con i sionisti, camerata. Ho letto anche quello che avevi detto di leggere su Benedetto Croce, camerata. E’ giunto il momento di fare qualcosa, Monti è uno di quelli, è un amico dei sionisti, camerata. Ma ne parliamo più tardi. Heil, camerata [con annesso gesto del braccio]. Onore e rispetto. A dopo”.
La gente solleva gli occhi, qualcuno ascolta. Qualcun altro continua a leggere “Alla fine di un giorno noioso”, di Massimo Carlotto. Io smetto di scrivere questo testo e inizio a scrivere questo testo. Il nazista meticcio probabilmente non sta telefonando veramente, probabilmente c’è qualcuno con una telecamera nascosta che sta filmando la scena e le reazioni – o le non-reazioni – della gente.

Ecco, sì, dev’essere così.
Non sta telefonando veramente.
Dev’esserci qualcuno con una telecamera nascosta che sta filmando la scena e le reazioni – o le non reazioni – della gente.

CasasaC


30 Mag

Quarantadue kili punto quattro, signore. Tanto pesa un anno di vita, chi l’avrebbe mai detto. Un cinquanta percento di libri ed il resto ripartito tra viaggi mentali, calze e mutande sporche, qualche decina di anacronistici cd. Ritratti, disegni, congetture. E poster, pezzi di carta, polvere di mare impregnata nei tessuti. Niente di serio. La notizia e’ che a Bogota’ piu’ di uno sconosciuto mette a disposizione le sue braccia nell’immane sforzo verso il check-in: a Milano non succedera’. E nemmeno a Genova, ne’ a Savona, ne’ mai. Poi, cielo. E una bambina che osserva le nuvole, a cinque anni ha gia’ perso l’incanto di sapere cosa ci sara’ li’ sopra. Nessun dio, piccola. E nemmeno angeli. Solo un airbus pieno di miseri esseri umani con il loro quintale di rifiuti  in eredita’ alla terra laggiu’ in basso, air-lunch, fast-breakfast, papaya sintetica e caffe’ con latte in forma solida. E don Quijote, e Sancho Panzo, e pagine e miglia ed attimi e secoli che volano via, nello spazio ipocrita di una cabina pressurizzata. Osservo la Mancha diecimila metri piu’ in basso, com’e’ cambiato il mondo, sotto la retorica dei mulini a vento. Poi, d’improvviso, Milano. L’ Italia e’ piccola, tremendamente piccola, comparata con gli spazi aperti d’America. Lo sguardo abbandona l’aria e ritorna per la prima volta – da un tempo indefinito – sulla terra, la terra della citta’ in trasformazione, delle Fiat Punto bianche parcheggiate di fronte ai caffe’, la terra dei piccoli orti e i pensionati che dipingono con la loro presenza un giugno ormai vicino. Scorrono le lancette ed il Sole non demorde, vecchio Nord di solstizio d’Estate cosi’ lontano dalle terre del Tropico. Poi formaggi, salami, buon vino nero tra parole in dialetto d’infanzia. Come quella vecchia canzone mangiata tra i nastri degli anni Novanta: “e’ bello ritornare / ma andare, forse e’ meglio”…. Ed infine la notte, la vera ed unica Casa.

(Nel frattempo la Colombia decide cosa vuol fare da grande. Qui e qui gli ultimi articoli su una campagna elettorale indimenticabile).

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


Ricerca personalizzata