Quando Pablo Neruda se ne andò in Sri Lanka, nei lontani vent’anni della sua esperienza diplomatica al servizio dell’ambasciata cilena, rimase impressionato nell’osservare i metodi autocnoni di addomesticamento degli elefanti. Osservò che i pachidermi addestrati formavano un largo cerchio intorno ai loro simili liberi, permettendo così all’uomo di avvicinarsi repentinamente e incatenarli al primo albero a disposizione. Neruda, nemico dell’ingiustizia e di ogni forma di stupidità , si chiedeva come è possibile che un gruppo di animali lavori contro gli interessi dei suoi stessi simili, per realizzare i desideri del suo nemico dichiarato, l’uomo.
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Colombia fue pasiòn
Vento ed eco. Profondo eco, profondo vento. Suonano le campane dell’immaginazione, richiamano a lontani e sbiaditi doveri. La coscienza arriva là dove il corazòn si ferma. Nel gioco di luce degli occhi, sullo schermo di un computer, nei graffiti sui muri si posano le immagini, i riflessi e le scritte di un mondo che, inesorabile, sta per scomparire. Nella stanza a fianco dorme il compagno di viaggio, l’amico e il fratello di sangue che è venuto a prendermi per portarmi via da questo mondo di cartaveliina.
Io non so cosa dire. Non so cosa scrivere. Non voglio dire niente e tutto ho già scritto. Su un pavimento, sulla tua pelle mulatta, su un foglio di carta che poi ho bruciato nell’orgoglio e nell’intimità . Sbiadito sul pavimento, tra formiche e avanzi di vita, rimangono i 100 sonetti d’amore di pablo neruda. Nient’altro da dire, nient’altro da scrivere, tutto si bagnerà nelle lacrime dell’ultima notte di solitudine a quattro mani.