Archive for marzo, 2008

Berluschavez


10 Mar

Lo schermo li racchiude finalmente tutti nello spazio di pochi centimetri. Lì, nel multiplo incrocio del faccia a faccia, troneggiano i Signori della Non Guerra che fanno bestemmiare e incuriosire la massa di tre popolazioni e forse più. Intorno a loro tutti gli altri, gli amici degli amici dei nemici, che applaudono e sogghignano a quest’uno o a quell’altro.

L’immagine del politico inteso come “tradizionale” è offuscata dalla serie di patemi in stile-sudamerica e da ironie seminate qua e là come se si trattasse di una ciarla tra amici, l’inganno comunque non funziona perché il fiume di parole scorre fino ai lidi di altri politicanti, 4000 o 8000 km piu in là.

Si parla di guerriglia, dunque. Problemi grossi, invasioni di confini e documenti segreti in chissà quale microchip. E si decide di risolvere il problema scegliendo di non risolverlo: ogni Presidente, non appena investito del Dono della Parola, si lancia in uno snocciolamento prodigioso dei risultati conseguiti negli ultimi X anni dall’Y paese, ed è a quel punto che il piccolo schermo deve risvegliare il livello di panico collegandosi in diretta con la Guajira. Proprio da quelle parti negli ultimi minuti pare che un’imprudente e stressato camionista venezuelano abbia portato il mondo sull’orlo del disastro decidendo di non fermarsi allo stop, invadendo a suo modo il suolo colombiano. Seguono resoconto della conseguente minisparatoria, il racconto shoccante di una sopravvissuta, la rassicurazione “per fortuna niente vittime” ed il faccione del Guido Bertolaso colombiano che invita alla calma e al buonsenso.

chavez.jpgEd è a quel punto che ti appare Lui. Tronfio, rossocravattato, riempie lo schermo e l’audience. E subito si lancia nel racconto cronologico di questa tremenda crisi, raccontando aneddoti inediti che lo vedono protagonista e benefattore. Fino alla tremenda rivelazione: questa faccenda non ha soluzioni finchè gli Stati Uniti ed i loro presidenti esistono. L’appassionato ascoltatore a quel punto ha un sussulto, ma non è che il preludio al colpo finale: per sottolineare i buoni rapporti tra il Venezuela e il Nicaragua Chavez si lancia nel canto della nenia popolare nicaraguese più famosa. Lì, nel vertice di Santo Domingo, Hugo Chavez Frìas canta. Lo giuro.

Un qualcosa mi tocca il ginocchio. Controllo, è la mano del compare tedesco, Mateo. Mi guarda sogghignando, mi dice: “ehi, dovresti esserci abituato, non fa così anche Berlusconi?”

Notti dub


09 Mar

Ancora una volta davanti a uno specchio alle 6 di mattina.Se e’ vero che la notte porta consiglio, la mattina lo riempie di vita. Davanti a me, un cileno nato in svezia ma vissuto nelle strade di Malaga si perde nel labirinto dei suoi ricordi, mentre un branco di tedeschi vagabondi si lancia in considerazioni psicosociali sulla societa’ odierna.

Non arrivero’ mai a graffiare l’anima di queste idee. Impossibile afferrare il senso di parole sparse nel vento del domingo por la manana. C’e’ pero’ un senso di continuita’ in tutto questo, un filo conduttore che unisce entita’ spaziotemporali lontane ma inspiegabilmente collegate a cose gia’ sentite gia’ viste gia’ vissute.Solamente un esercito di ventilatori riporta la coscienza in un entita’ caraibica, altrimenti troppo simile a esperienze diverse su altri paralleli.

E’ una tribu’ che viaggia. Un flusso massiccio che si muove dalla vecchia Europa, e raggiunge i milleduecento angoli del globoterraqueo con una facilita’ disarmante. E’ il vero, legittimo segno di progresso di una civilta’ che in qualche modo si autodefinisce “superiore“, e che raggiunge l’ambito status-quo solamente con un confino di migliaia di kilometri da casa.  Un circolo continuo, un insieme di effimere realta’ che con il tempo si consolideranno nel fegato e nell’anima. Mentre l’alba rosa dei caraibi ridipinge sigarette e parole.

p.s.: da altri lidi. Se capisci il lituano. 

8 marzo rock


07 Mar

Tempi di marcia. Ieri per la Colombia e il mondo si manifestava ancora una volta contro tutte le forme di violenza – tutte, incluse quelle in qualche modo “legalizzate”. Pochi feedback, il troppo genera inflazione.

Bellissima la musica della notte caraibica. Vallenato, salsa, cumbia generano ritmi di danza pazzeschi. Ma a tutto c’è un limite, fatemi sentire stratocaster.

Che lazzoroni questi costeños. La statura sociale di un uomo qua non si determina con la Mercedes o l’X5, si misura con il numero di fidanzate reali o dichiarate. In particolare mi piace come le donne – tutte – definiscono i loro uomini. “Perros”, cani. Fa sorridere.

Sale la febbre incosciente del viaggio. Richiami confusi arrivano da quel 99% di Colombia che ancora aspetta di essere calpestato. Voci calme dalle terre dell’est, le porta il vento e profumano di caffè.

Juanez ha lanciato l’idea di un concertone-riconciatore sul martoriato confine colombovenezuelano, ovviamente gratis per tutti. Si tratta di un uomo che, mi rendo conto può sembrare incredibile, a aprile riempirà uno stadio di Houston per un concerto ad 84 dollari a cabeza. “Con la mano destra invito i fratelli equadoriani, con la sinistra quelli venezuelani”. La ragione arriva dalla musica.

Per le strade, in università, sui taxi, mi si dà dell’argentino. Devo ancora capire se è un bene o un male.

Auguri a tutte le donne, siano esse madri mogli fidanzate compagne di viaggio o compagne di qualcosa. Ed auguri al Baltic Man, 22 anni oggi, o domani, o ieri. Non ho ancora assimilato il funzionamento dei fusi orari.

Facebookrazia


05 Mar

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Di fatto, in Colombia il mezzo di comunicazione più importante non è la televisione e nemmeno internet considerato nella sua globalità, ma Facebook. Il social network americano, che voci attribuiscono direttamente finanziato nientepocodimenoche dalla CIA, viene infatti usato fino all’esasperazione, e rispondere “no” alla solita domanda “tu tienes facebook?” è un opzione non contemplata. Risalendo agli amici degli amici ti troveranno comunque.

Dopo il successo della Marcia contro le FARC del 4 febbraio, però, gli utilizzi del Librofaccia nell’ambito del confronto politico si sono moltiplicati su scala impressionante, e accedere ad un gruppo o una discussione su quest’Uribe o quella FARC significa ritrovarsi immediatamente in un mare di socialità vagamente inquietanti.

Prendiamo ad esempio la campagna “Colombia es pasiòn“. La velatura patetica della faccenda è chiara già nel reale, ma le discussioni e i commenti che uniscono i 75000 utenti di questo facebook’s group superano di gran lunga il confine del ridicolo…”non avete avuto i brividi nel vedere Montoya col suo bolide di macchina superare qualcuno?”

Agli appassionati del genere, si consiglia un viaggio a perdizione nei meandri di queste raggruppaglie, seguendo un filo logico perfettamente tagliato in due dove si incontrano “200.000 motivi per sostenere Uribe” e si scontrano “100.000 motivi per odiare Uribe”, “Colombia es razon” e “Colombia tenrìa que ser mas razòn que pasiòn” fino ai gruppi freschi di giornata in cui ci si unisce contro la guerra al Venezuela.

Curiosità: non mancano all’appello i sostenitori di Mockus per le elezioni del 2010. Ci sono tutti, proprio tutti, nella democrazia del Facebook.

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Lettere dal fronte


04 Mar

Cartagena de las Indias, vera perla del Caribe colombiano grazie alla sua citta’ vecchia dai balconi fioriti, riversa il suo turbamento nella serata inoltrata, davanti ai bar.

Negli sguardi incollati alla televisione, nella salsa e nella cumbia che per un po’ abbassano il loro volume, negli “hijos de puta” urlati contro lo schermo si apprendono le ultime novita` di questo strano fantarisiko caribeño. Insulti da tavolino, riesumano sfondi calcistici, lanciate in ogni direzione, che partono verso il Venezuela o Quito o Bogotà, e invettive cariche di rabbia che all’unissono vengono lanciate verso la solita selva.

Per piu’ di uno il vicino Venezuela è luogo di lavoro, pendolarismo settimanale adesso in mano ai soliti capoccia di palazzo, la frontiera da oggi si stringe e gli autobus della mattina questa volta non partiranno. La direttrice che raggiunge Caracas si riempie di mezzi color verdastro, artiglierie varie che si accumulano lungo i confini colombiani qua come più a sud, zona Equador.

Il mezzobusto di turno di tanto in tanto interrompe la vuotezza di un pomeriggio caldo per riportare le ultime parole dei caudillos o dei gringos di turno, e puntualmente gli astanti si dividono sulle più varie interpretazioni della novità. Rimangono due, anzi tre popoli, interi e diametralmente simili tra loro, che combattono una quotidianità già troppo difficile e a Risiko proprio non ci vogliono giocare.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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