Posts Tagged ‘sensuale’

Acqua


03 Nov

Carezzevole esplosione di caldo sulla pelle gelata. Così me ne stavo, inebriato e in piedi sotto la doccia a tracciare un confine tra l’insensato nulla di un altro giorno lasciato alle spalle e l’insensato tutto della notte che stava per iniziare. Metaforicamente in quel bagno andava in onda uno di quei tramonti multicolor che lasciano aperta la speranza, dopo una giornata di pioggia e nebbia. L’acqua mi abbracciava e in quel momento era tutto quel che volevo.

Al di là del muro, percezioni di festa. Electricdance francese accendeva l’ambiente, dopo una mezz’ora di lounge incapace di reggere il passo dell’alcol protagonista in sala. C’era anche qualche irlandese, imbottito d’acido, a vaneggiare un contatto con chissà quale divinità. C’erano dieci ragazze forse cento ma soprattutto una, la mia, che automaticamente serrava ogni possibilità di concludere la festa tra un paio di coscie inedite.

Improvvisa ondata di luce, invasione di voci sintetiche, la porta si aprì. E subito dopo si richiuse riportando l’ovattata situazione acustica al livello rilassante di prima, anche se qualcosa in effetti era cambiato. C’era adesso nel bagno una ragazza, qualcosa di più che “una ragazza”, una presenza tanto divina quanto inattesa rompeva inesorabilmente la tacita unione tra l’acqua e la mia pelle. Per la prima volta nella mia vita mi sentìi nudo.

“Ho sempre apprezzato questo appartamento. Fate di quelle feste notevoli, addirittura la polizia ogni tanto non resiste alla tentazione di fare un salto, non è vero?”
Acqua.
“E tu chi saresti, scusa?”
“Abito qui sopra, da mesi e mesi e mesi ormai, ma voi non mi avete mai vista. Quando esco di casa dormite sempre, e quando torno non sapreste riconoscere un tavolino da vostra nonna.”
Acqua calda.
Lei solleva la gonna e si siede sulla tazza.
“Non volevamo disturbare.”
“Certo che no, semplicemente non ve ne frega un cazzo. E comunque non disturbate. Non me perlomeno. Mi sembra però maleducato non invitare proprio mai.”
Acqua bollente, pioggia acida su terreno fertile.
“E chi ti ha mai vista, a te?”
“La tua ragazza, per esempio. E non è sembrata interessata a quella buona relazione tra vicini dove uno va in casa d’altro a bagnare i fiori”.
Io sono un fiore. Lei mi sta bagnando.
“…e comunque tra una settimana parto, vado a vivere a berlino”.
“e che ci vai a fare, a berlino?”
si alza, si avvicina.
bussano alla porta.
“berlino mi ha parlato l’altra notte in una fotografia. berlino è il centro del mondo, oggi. e domani non lo sarà più. e io devo andarci”
l’acqua è diventata dita, e le sue dita hanno lasciato la consistenza del fisico per il liquido. o il gassoso. o l’allucinazione. respiro vapore, respiro lei.
“il centro del mondo…è sempre un qualcosa di troppo piccolo per viverlo comodamente”
“sarà. tipo un neurone, o lo spazio di un’idea. o un’espressione, una chimera”
grida dal mondo di fuori. sto sprofondando verso gli abissi dell’oceano e da laggiù evaporo. inconsistente umidità. calda umida perdizione
“o una vasca da bagno. per me il centro del mondo è una vasca da bagno”
“oggi. domani non lo sarà più”.

Diritti a rovescio


09 Ott

profumo di uva fermentata nel fondo del bicchiere.
sonno accumulato nella distrofìa di due palpebre.
centinaia di passi, milioni di kilometri, vago buio.
cinquantatrè giorni senza di te, infinito inesistere.
sceriffi addormentati e sbronzi di noia.
mattonelle antiche, una sull’altra impilate, eterne.
orgie linguistiche, parodie dei sensi, conoScienze.
un’amore lontano lontano anni luce.
dicotomìe d’infinito tra i riflessi di finestre oniriche.
calore di famiglia, focolare ritrovato, estrema ustione.
luce sensuale vibrante e ardita.
un bicchiere pieno di lacrime tracannato con miele e sale.
apoteosi di calore inarrestabile gelo perenne.
220 watts di energia per contribuire all’autodistruzione.
amistades ciertas se quedaron entre los dedos.
clorato di benzoidene come aperitivo, stuzzichevole fiele.
tu che leggi e io scrivo.

Ma perchè?

Il sesso degli angeli


27 Giu

Ricordo quelle notti che passavo sotto casa sua, ricordo quella finestra, ricordo uomini armati e vecchie moto sonnolente. Inoltrandomi nei meandri dell’ingegno, cercavo di spingere la mia voglia di lei più in là della finestra della sua stanza, elucubrazioni inutili. Sempre guardavo con tenero timore ai vetri della finestra di una ragazza, figurandomi la membrana sottile e inviolabile delle sue tende come un’iconografia ben definita, metafora di altri segreti che una femmina sa ben custodire.

Nessuno sapeva cosa succedeva là dietro. Schiere di maledetti e di disgraziati, paraventi di un romanticismo in decadenza, si ritrovava sullo stesso marciapiede, nella stessa ora delle stesse notti, a contemplare i movimenti lenti di quella silhouette misteriosa e maledetta. Ogni battito delle sue ciglia si amplificava nel filtro ottico delle tende, e provocava un brivido di unisono nella platea sottostante. Bellezza di vita trasformata in bottiglia e stretta forte tra le mani; qualcuno indovinava il colore della piuma che portava appesa all’orecchio.

Dora ancora una volta, ancora una notte, si scrollava via di dosso quei vestiti che un conservatorismo ancora vivo le incollava alla pelle tutte le mattine. Spogliandosi di fronte alla finestra, si immergeva in un rito magico che la portava direttamente alla comunione con quel dio alternativo che si era creata. Vento o brezza, bestia selvaggia o cucciolo d’anima, principe azzurro o membro virile, si rifugiava nel culto di quell’entità multiforme ogni volta che suo padre e sua madre la chiudevano dietro un muro di insulti e pianti. Non perché avevano scoperto che un uomo si era portato via quel leggero peso che la loro bambina ormai donna sentiva nel ventre e nella mente, ma perché era lei stessa a inseguire, tra fantasie e delirio, quell’overdose di passione che la trasportava d’incanto nel suo paradiso politeista.
E quando finalmente nuda, spegnendo la luce, scostava le tende e liberava nel vuoto l’ultimo triangolo di stoffa che aveva in quel giorno coperto la sua essenza, un disgraziato, o un maledetto, scagliava sul cemento la bellezza di vita trasformata in bottiglia e stringendo tra le dita il dono del suo dio si allontanava nella notte umida, tiepida, infinita.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


Ricerca personalizzata