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Facebook – hai una richiesta di amicizia


02 Feb

 

Semari Vundo vuole stringere amicizia con te.

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Ora tu e Semari Vundo siete amici.
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L’importanza di chiamarsi Ramon


08 Mar
“Il ramo di un albero è un bastone virtuale”
Pierre Lévy

…proseguono i tentativi di analisi delle cosiddette “sociologie da facebook”, nuova dimensione diversamente reale, che presto o tardi ci ingloberà tutti nel suo paramondo fatto di “mi piace” e pecore virtuali.
Scopro sulla mia pelle i potenti effetti di questa controversa sostanza virtuale, in quanto a “furto di personalità“. Lo scopro attraverso un processo tutto sommato involontario, di cui mi ritrovo, adesso, vittima e mandante.

Il fatto è che tempo addietro (parecchio tempo addietro, nell’era geologica della rete), ho cambiato il mio nome di accesso su quella piattaforma virtuale. Mi sono trasformato in “Ramon Pelotas”, forse perchè mi allettava l’idea di essere rappresentato da un nome particolarmente demente, forse perchè in un pueblo della Colombia centrale avevo passato una piacevole giornata con il pazzo del villaggio, un ottantacinquenne senza denti ma piuttosto abile nella charla, non ricordo nemmeno più io il motivo. Ramon Pelotas, appunto.

Fatto sta che sono diventato Ramon Pelotas, e la mia vita è cambiata. Cioè no, ho continuato ad essere quello che ero, ma per molta gente (gente “virtuale”) mi sono trasformato in una nuova identità. Un’identità che pubblica foto e video e musiche e messaggi, che commenta e condivide, che ha una faccia conosciuta (anzi trentacinque, tante sono le mie foto del “profilo”), e che, soprattutto, è assimilato a un nome. Ramon Pelotas.

Accade infatti che io viva la maggior parte del mio tempo in un luogo che è sempre “altro” rispetto a questi “amici” virtuali. Gente che comunque ha condiviso un certo periodo di tempo con l’alter ego di Ramon Pelotas, compagni di scuola o figure varie, con cui oggi, però, si mantiene – vicendevolmente – una relazione puramente virtuale. Facebook come quel che un tempo fu la chiesa, un luogo dove entri con relativo scarso interesse, soprattutto per dare un’occhiata alle faccie conosciute che potresti trovarci dentro.

Accade anche però che io di tanto in quanto torni nel mondo degli umani. Nella birreria frequentata da buona parte dei miei “amici” virtuali, per esempio – una seconda chiesa, o una seconda “farmville”. Ebbene, è lì che ritrovo facce di profili conosciuti, vecchi compagni delle elementari e canaglie di sempre, e molti, che si sorprendono di vedermi riapparire in carne ed ossa, si apprestano a salutarmi e scambiare due parole. “Allora Ramon, che racconti di nuovo?”

E’ una metamorfosi lenta, ma definitiva. Per molti di loro io continuerò ad essere un’immagine virtuale, un’immagine associata ad un nome che non è il mio, ma non importa. Facebook è la nuova chiesa, ricordiamolo. La nuova verità. Già me li vedo, sul bordo della pensione, chiedersi che fine avrà fatto quel Ramon. Me li vedo appoggiati intorno alla rete di un cantiere, a bestemmiare contro gli operai incapaci, commentando (e magari cliccando su “mi piace”) la novità del giorno: “ti ricordi quel Ramon? Quello che era alle elementari con te. E’ morto. Ho visto i manifesti. La famiglia Pelotas tragicamente annuncia….”

Deserti affollati


04 Dic

Sulla finestra, angelica scrive “Ho nostalgia di qualcosa che non ho mai vissuto”. A Simone Marino, Francesca Ferrero e altri due piace questo elemento.

Senza più speranza, senza patria


21 Nov

Pare che nessuno si renda conto, in quella strana terra lontana, che le crepe nelle pareti stanno raggiungendo dimensioni preoccupanti. Senza voler creare allarmismi, anzi. E’ che a volte pare tutto così paradossale, e il dubbio ti viene. Sarà la mancanza di oggettività di un punto di vista troppo vicino al problema: anche un ciclone può sembrare una tormenta, ai marinai che ci sono dentro. Succede spesso, nei film.

Il problema, però, questa volta pare serio. Tangibile, quotidiano. Soprattutto agli occhi di chi guarda l’italia da lontano, attraverso gli occhi di internet, che si dice sia lo specchio della società contemporanea. C’è una classe politica pallonara puttanara televisiva ignorante incompente volgare e ipocrita, che non ha nemmeno il coraggio di difendere a testa alta i loro valori sessuali promiscui e narcodipendenti. Poco più in basso, tenuta buona a colpi di crocifisso, una mandria di aspiranti puttane e puttanieri ingrassa leccando i deretani dei “personaggi vincenti”, un po’ mangager di formula uno un po’ camorristi, un po’ lampadati e un po’ ciarlatani.

Si intravede un popolo, attraverso la rete, piuttosto grottesco: gente che si scambia le rose di buona notte allegando messaggini da rincoglioniti, mentre i puttanieri privatizzano l’acqua e i transconsulenti muoiono nelle stanze d’hotel, in circostanze misteriose. Gente di cinquant’anni, persone che nel millenovecento e settantacinque avevano vent’anni, persone nate vissute e cresciute nell’europa del dopoguerra (che da queste parti chiamano “il primo mondo”), godendo di ogni privilegio sociale ed economico possibile per evolvere come si aspetterebbe da un essere dotato di un cervello, incollate allo schermo a scambiarsi la canzone di tiziano ferro con le nipotine. Studenti al quarto anno d’ingegneria che dialogano attraverso insulti a sfondo calcistico. Cosa ci si potrà mai aspettare da un dodicenne, a questo punto.

C’era un documentario emblematico, nell’Argentina che scivolava verso il disastro degli anni Settanta. Una frase s’inseriva violentemente tra le immagini, con un messaggio chiaro: “ogni spettatore è un codardo o un traditore”. L’italia di oggi è una tragedia decadente. Per ogni tragedia, i suoi spettatori.

Un grande futuro ci aspetta


24 Ott

Ah. Quei bei tempi in cui Facebook era solo in inglese o spagnolo….

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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