Archive for the ‘Musica’ Category

Mariposa Tecknicolor


27 Mag

Stavo parlando con una faccia ignota quando lei entrò. Aveva un bracciale di conchiglie grigie stretto al polso, e legata tra i capelli una piuma rossa le accarezzava il collo. Un incanto di età e di epoche e di sostanze differenti attorno a lei, la accompagnavano altre facce ignote che seguivano la sua scia nella nebbia di cento e mille segnali di fumo degli antichi indios. Aveva un bracciale di conchiglie legato al polso, e ai miei occhi risaltavano come l’immagine di quella cosa abominevole che gli italiani chiamano “manette” e i saggi spagnoli “esposas”. Non mangiò non bevve e nemmeno fumò, almeno così diceva l’apparenza, lei mangiava e beveva e fumava con un’altra scala di valori. Intrugli speziati e ghiaccio masticato a cubetti.

Continuavo a nuotare nel fiume di idiozie che il disgraziato davanti a me bagnava con il rhum a ritmo continuo, e mentre Fito Paez diffondeva magìa e matematica, in sostanza musica, leggevo sotto la sua pelle d’ebano la trama di un copione già scritto. Mentre mi fissava le scarpe e l’anima entravo nei suoi occhi, occhi neri e poi azzurri e adesso verdi e infine spenti; ad ogni flash nell’oscurità corrispondeva un’immagine distinta nel disordinato catalogo totale, e tutte le patine diafane ricorrenti in un’alba che si confonde tra notte e mattino ritornavano a me e sporcavano Fito Paez. C’era un coccodrillo di plastica appeso al muro, sopra la porta dei cessi.
Poi, destra e invisibile, lei lo pensò e io mi alzai, e mentre mi incollava addosso il destino con le dita immaginavo scorrere nel suo sangue un mare di coriandoli colorati e sentivo su di noi il peso di tutte quelle varie amebe e dei loro occhi etilici, fino a buttarmi nel vuoto sperando di atterrare alla fine in un quadro di Gauguin.

Mi risveglio adesso qua, solo e nullo su un pavimento di finto marmo, bagnato da un insieme di ghiaccio che nel frattempo si è sciolto. Sopra di me c’è un’insegna e dice “Neuropharma”, e quando con inerzia i sensi si riappropriano del mondo tutto quel che trovo è un bracciale di conchiglie grigie legato al polso.

Primimaggi alternativi


03 Mag

Il Primo Maggio in Colombia ha un significato ancora forte. L’impressionante tasso di mortalitá tra i sindacalisti rimane, appunto, impressionante, e ben spiega le problematiche politiche del paese. Il sindacalista, “professione” sempre piú discutibile e politicizzata in Italia, da queste parti é un lavoro per martiri.

Il Vallenato é l’identitá culturale per molti colombiani, le basi storiche di una musica semplice che ha reso famosi internazionalmente personaggi come Carlos Vives. Valledupar, ai piedi della Sierra Nevada, oltre ad essere una base storica per molti gruppi paramilitari é la capitale di questa strana musica.  In questi giorni di festival, tra sombreri gialloneri fiumi di ron e personaggi bizzarri dalle fisarmoniche infuocate, Baltic Man soffre ma sopravvive grazie al suo mp3.

Make rock don’t make the war


26 Mar

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Dal Museo d’Antioquia di Medellin.

Istantanee a pioggia


22 Mar

Mentre tutto scorre. Scorrono diverse tinte di verde, in un mosaico di specie vegetali mai viste nè immaginate che si ammassano più in là della striscia di asfalto. Lentamente sfilano carri, buoi e cavalli, in questo continuo saliscendi che inesorabile caratterizza la Colombia del centrosud. Seduto li a fianco, nel polveroso cassone di una jeep, un militare al termine del suo calvario se ne torna a casa. Nasconde un pappagallo verde e giallo in un sacco, ricordo dei suoi mesi nella selva. Le formidabili “palmas de cera” della Valle di Cocora, roba che cresce solo lì. L’affanno festoso del Giovedi Santo di Neiva, nella sua contrapposizione tra proibizionismo alcolico e Peccato: è proibito l’alcol ma ovunque si sbrana carne. Quel padre di famiglia che accompagnandoti all’ostello ti mostra le foto dei suoi figli. Disquisizioni mentali sull’impossibilità di viaggiare da solo: 15 minuti dopo aver lasciato Barranquilla il tentativo era già sfumato, e adesso ci si muove costantemente in 5. Scorrono le genti e i popoli, dalla terra di San Augustìn affiorano souvenir di popolazioni precolombiane sparite chissà dove. El hijo de puta dell’autobus, che vende 32 biglietti per 28 posti, e allora bisogna discutere e poi litigare e poi sedersi su un gradino e chiudere gli occhi scaraventato di qua e di là dalle curve dalle buche e da Syd Barret. Quell’amico fenomenale che manda email dall’italia dicendo “avevo un amico a medellin, guarda se lo trovi”. Quell’altra amica che stava sperduta nel Quindio, e rivederla è stato un ritorno a Notti Baltiche. La ritrovo come l’avevo lasciata, mi ritrova come mi aveva lasciato. Probabilmente ho anche gli stessi jeans. Le facce, gli occhi e gli accenti, cosi colombiani cosi diversi dalla colombia del nord. Considerazioni perfino sul vento, mi si dice “chiudi gli occhi e spegni i sensi, renditi conto solo dal vento che sei in sudamerica. La gente della strada che ti vende tutto quello che si potrebbe comprare, si capisce quando dalla polvere esce un trattato su “La persecuciòn sovietica en la Iglesia de Lituania”. Musiche che si mischiano si confono ma mai si picchiano tra loro. Simon Bolivar in tutte le sue forme bronzee, a Manizales è un incrocio tra uomo e condor. Scorrono anche le acque, e veloci, e calde e fredde sottoforma di terme e di cascate. Il colombiano che si illumina per spiegarti che ha un cugino a Latina. Tutta quella gente di là dall’oceano, chissà cosa sta facendo, mentre le strade del Sud America lentamente scorrono.

Domingo paisa


17 Mar

botero.jpgCamminata stanca nella domenica delle palme. Ci si accorge dell’evento perchè autobus e taxi sono vestiti di chincaglierie verdi, rami di palma appunto. Nei giardini, oasi d’ombra, instancabili predicatori armati di megafono allertano gli astanti contro le tentazioni di un qualche Male.

Le anime sono distratte. I bar, le radio dei venditori ambulanti e perfino i maxischermi divulgano il messaggio di Juanes and friends, riuniti in folla oceanica in quel di Cucuta per cantare sopra le frontiere e le divisioni, finalmente vestiti di bianco e sprovvisti di slogan assurdi. Perfino i taxisti riposano nei loro nidi, per una volta lasciano suonare la radio e impongono il silenzio ai loro clacson perenni.

Medellin rassicura e infonde tranquillità. Le sue tante aree verdi, su tutte il notevole Parco Botanico, rendono ancora più fresca la città dell’eterna primavera. Tra le bancarelle d’antiquariato sfila l’orgoglio Paisa, quelle ragazze che all’unanimità vengono definite “le più belle della Colombia”, non importa se ad aiutare la natura intervenga spesso la mano dei chirurghi estetici più famosi del Sud America. E le eccezioni sono altrettante opere d’arte, gordas di bronzo seminate da Fernando Botero per i quattro angoli della città, il dono alla Casa Madre del suo figlio più celebre.

Un giro nel centralissimo cimitero impressiona, a suo modo. Ordinate in sequenza cronologica, le tombe datate anni ’80 sono esponenzialmente più numerose rispetto a quelle di qualsiasi altra epoca. Segni perpetui lasciati a Medellìn dall’altro suo figlio, altrettanto celebre.

8 marzo rock


07 Mar

Tempi di marcia. Ieri per la Colombia e il mondo si manifestava ancora una volta contro tutte le forme di violenza – tutte, incluse quelle in qualche modo “legalizzate”. Pochi feedback, il troppo genera inflazione.

Bellissima la musica della notte caraibica. Vallenato, salsa, cumbia generano ritmi di danza pazzeschi. Ma a tutto c’è un limite, fatemi sentire stratocaster.

Che lazzoroni questi costeños. La statura sociale di un uomo qua non si determina con la Mercedes o l’X5, si misura con il numero di fidanzate reali o dichiarate. In particolare mi piace come le donne – tutte – definiscono i loro uomini. “Perros”, cani. Fa sorridere.

Sale la febbre incosciente del viaggio. Richiami confusi arrivano da quel 99% di Colombia che ancora aspetta di essere calpestato. Voci calme dalle terre dell’est, le porta il vento e profumano di caffè.

Juanez ha lanciato l’idea di un concertone-riconciatore sul martoriato confine colombovenezuelano, ovviamente gratis per tutti. Si tratta di un uomo che, mi rendo conto può sembrare incredibile, a aprile riempirà uno stadio di Houston per un concerto ad 84 dollari a cabeza. “Con la mano destra invito i fratelli equadoriani, con la sinistra quelli venezuelani”. La ragione arriva dalla musica.

Per le strade, in università, sui taxi, mi si dà dell’argentino. Devo ancora capire se è un bene o un male.

Auguri a tutte le donne, siano esse madri mogli fidanzate compagne di viaggio o compagne di qualcosa. Ed auguri al Baltic Man, 22 anni oggi, o domani, o ieri. Non ho ancora assimilato il funzionamento dei fusi orari.

Schegge


29 Feb

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Bizzarro connubio di latinismi e metallo. Voci da Bogotà parlano di un accampamento a cielo aperto che va avanti ormai da 4 giorni, nel Parque di Bolivar dove tra un paio d’ore inizierà il concerto degli Iron Maiden. Non mancano i toni del grottesco, postumi di una presunta intervista vecchia 15 anni nella quale – si narra – Bruce Dickinson dichiarava più o meno: “Fosse per me, sparerei una bomba atomica sulla Colombia”. Logicamente ho pensato di unirmi alla combriccola, ma mi hanno spaventato le 20 ore che mi separano dalla capitale. Poi, mi sono detto che per la musica effettivamente mi sono macchiato di pazzie ben peggiori, ed è a quel punto che sono giunte le paranoie economiche di un bilancio da far quadrare. Ho quindi trovato un’altra giustificazione nel detto universale “dai, si vive una volta sola”, ma è sopraggiunta un’altra constatazione. I Maiden non mi sono mai piaciuti più di tanto. Mai, escludendo forse solamente Live after Death. Mi è sembrata una giustificazione accettabile.

Una certa percentuale di chi capita su questo blog non ha la minima idea di come funzioni la faccenda, o di cosa sia quel pezzo di plastica posto sotto la loro mano destra, altrimenti non si spiegherebbero mail quali “scusa ma come si fa a vedere quelle cose lì che avevi scritto più o meno intorno a Natale?”. C’è però una notevole percentuale di gente che, come si dice, “ha studiato”, ed a loro chiedo: si può pubblicare una presentazione in PowerPoint su un blog, che so, mettiamo su questo blog?

Ci sono chiari segnali che l’uomo saggio deve saper leggere. Cinque minuti fa, per esempio, la ragazzina più giovane che popola questa simpatica casa già conosciuta ai più ha sfasciato completamente la porta-finestra, vittima di quell’effetto collaterale chiamato trasparenza che ci inganna, ammettiamolo, un po’ tutti. Nei giorni prossimi Baltic Man entrerà nella sua nuova magione, non si scherza con il destino.

C’è una via vettoriale più di altre che ricorda terre lontane. L’odore (puoi leggerci puzza o puoi leggerci profumo) di benzina che riempie allo stesso modo le strade del Sur o quelle di Pechino. Non è la stessa benzina del mondo di sopra, nessuno sa cosa brucino per davvero queste macchine, ma è un qualcosa che sa di lontano.

La metamorfosi del “viaggio” raggiunge e supera infiniti stadi. Uno in particolare va sempre approfondito: il viaggio mentale. Tutti dovrebbero perdersi in un labirinto infinito semplicemente riposando gli occhi oltre il qualcosa, e risalire fino al Principe dei Perchè trasportato da un giro in si minore. Collegare con l’assurdo orbite che altrimenti non si toccherebbero mai, e da lì contemplare in dolby surround il tutto.

-(la foto sopra è di una certa Tarja)-

Post-sequetro


25 Feb

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Immaginati il post di un sequestrato.

Le memorie veloci di un essere umano che nelle ultime quattordici ore è stato rapito da un gruppo misto ispanicolombiano, rapito per puro scopo ludico, nel senso che la violenza psicologica è sfociata in un delirio no-stop capace di andare in scena dalle 21.30 di una tiepida sera fino alle 11 della mattina successiva. Una due tre quattoridici ore.

Immaginati il post di un blogger sconvolto, tenuto in cutodia da forze maggiori alcolico-umano-musicali in grado di perpetuarsi fino alle ore calde della domenica mattina, di respingere nel mondo di fuori chiunque possa interrompere con qualsivoglia impedimento il sacrosanto diritto di celebrare santità non pervenute.

Prova a immedesimarti nella coscienza di un essere comune che spende le sue giornate a fotografare buche perenni e umane disperazioni addormentate sui marciapiedi, fondendoti tutto in un giusto stupore nel momento in cui scopri che anche la più malconcia baracca nel dedalo di Barranquilla è dotata di casse stereo per consentire alla rumba notturna di allietare l’anima.

Non lo so, e non lo sai, se alla fine riesci a trovare in tutto questo uno specchio di autoassoluzione. Uno straccio di dialogo mentale cosi incisivo da allegare una comoda risposta ad ogni illegittimo quesito. Ti porrai, debole essere umano, le tue domande, ma sappi che ogni tua risposta dovrà inevitabilmente adeguarsi agli usi e costumi del popolo costeñol, fiume in piena che ti prenderá per mano e ti sequestrerá nell’infinita notte delle Speranze.

Live in Austin


28 Gen

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Tutto si fonde e si confonde in un weekend che profuma di mito. The show is going, lì tra i mille e più locali al neon della downtown di Austin…dalle taverne invalicabili ai minori di 21 anni la magia si espande, e come un viaggiatore in asia intrappolato dalla moltitudine di aromi che avvolgono e rapiscono l’avventore della notte di Austin sarà preso e sbattuto dentro uno e poi l’altro e poi l’altro locale ancora, trascinato dalla forza del Blues o del rock ‘n’ roll.
E’ tutto al primo stadio, melodia sporca come esce dall’ampli e melodia rimasta incollata alle origini, senza sintetizzatori elettronica e onde radio. E’ cappellacci e sudore, stivaloni e stratocaster, soli e fantasia.
Il background è di facile intuizione, 6 metri per 5 di stelle e strisce che benedicono chitarra voce basso batteria tromba ed armonica, mentre quel sabato sera assaggiato in centinaia di canzoni prende forma nel suo habitat naturale, proprio lì dove troppi anni prima nasceva l’intramontabile mito di Steve Ray Vaughan .

L’imminente mattino non rompe il meccanismo. All’ora del pranzo c’è la seconda indigestione di musica. Un locale-tipo, i tavolini sparsi di un ristorante selfservice si ammucchiano davanti ad un palco, dove all’una del pomeriggio (!) lo spettacolo riprende: un quintetto di neri irrompe con il loro Gospel, mi diverto a pensare ai loro connazionali italiani contemporaneamente a sballarsi con l’un-due-tre del liscio. Potenza e precisione mirabilante, ma il prezzo del biglietto lo valgono tutto le facce dei presenti, mi giro mi rigiro inquieto a cercare John Belushi o Aretha ma inutilmente. Mi distrae un vecchio, interessato alle insolite presenze italiane, cerca di spiegarmi le magie di questo Texas dove lui andava a scuola attraverso i ranchs in cavallo. Il chitarrista si è ormai distaccato dalla realtà, immerso nei suoi infiniti giri d’assolo.

Sinestesie amare


17 Gen

Pare che ci sia monnezza ovunque, che i ministri in qualche modo inquisiti si dimettano (in giappone si suiciderebbero), che Parlamenti interi applaudano le loro patetiche arcane ragioni.
Se la televisione non sa di niente e se quando dice puzza troppo, rimane la musica come via di fuga fedele. Ed ultima.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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