Archive for the ‘Storie’ Category

La bocca del lupo


10 Feb

Eccola, finalmente.
La risposta ai grandi mali contemporanei. L’opera d’arte che stavate aspettando. La riscossa di un cinema nazionale tragicamente degenerato in nazionalpopolare. Un’esplosione di poesia, ma di quella semplice – quella più vera.

La bocca del lupo, sceso sulle nostre umili teste vidiotizzate senza scampo, ci riporta allo stato reale delle cose, delle cose di finzione. Cinema allo stato puro, nelle sue ambizioni più vere: raccontare la realtà, raccontare la storia, raccontare UNA storia. Tutto nello stesso momento. Ma anche, e soprattutto, scoprire, dipingere, colpire, commuovere. Il film del giovane Pietro Marcello raggiunge meravigliosamente ogni suo obiettivo, proprio perchè è nato senza obiettivi apparenti, in una panetteria tra i vicoli di Genova.

A Gianni Amelio, direttore del Torino Film Festival, l’onore di aver dato un senso alle nostre vite salvando dall’oblio a cui era destinata quest’opera – fino al punto in cui la suddetta risulterà effettivamente vincitrice, del TFF.

Loredane


27 Gen

Eravamo tutti lì, seduti in pizzeria, era la cena dell’ufficio, sai che noi al lunedì a volte ci ritroviamo, al lunedì perchè è una sera che non c’è niente nemmeno in tivvù, e poi improvvisamente è entrato lui. Te l’ho detto che è diventato pazzo, era uscito fuori di testa un paio d’anni fa, e io lo sapevo perchè la Monica prima lavorava con lui e mi diceva che in ufficio lui se ne stava sempre zitto ed evitava la gente, infatti dopo un po’ era anche diventato difficile, sai com’è, lavorare con uno che non sai mai se è incazzato o no, che tu magari nelle pause caffè vuoi rilassarti un po’ e fare due chiacchiere e questo rimane incollato al computer a cercarsi chissà cosa su google, cioè poi un giorno è impazzito e si è messo a insultare la Monica perchè ha comprato la giacca da 400 euro a sua figlia, sai quella giacca bella che aveva l’altra sera in palestra al corso di step, l’hai vista, e allora ti dicevo che eravamo in pizzeria ed è entrato lui, io ci sono rimasta lì perchè sapevo che era andato a vivere in India, avevo sentito dire che viveva là in qualche comunità di gente come lui, sai sti qua che partono e hanno degli intrighi qua e là e non sai bene cosa facciano, e invece a quanto pare è tornato, peggio ancora di quando è partito, irriconoscibile, ha i capelli tutti lunghi che sembra un barbone, e poi adesso va in giro con quell’olandese mezzo strano che abita in quella cascina lassù a San Raniero, che da quel che dicono non sa nemmeno lui da che parte è girato, pensa che aveva uno studio da geometra su in Olanda o dove abitava e ha mollato tutto per venire a nascondersi lassù sui bricchi, che mi ha detto mio marito che è un posto che non funziona nemmeno bene la televisione, e comunque è entrato con sto qua in pizzeria e avevano una faccia che non ti dico, povera gente, e si sono messi a guardarci ma avessi visto come, roba che a momenti mi alzo e vado e gli chiedo se vogliono una foto, però lo vedi che è impazzito, poveretto, che non connette più tanto bene, pensa che il marito della Betta, e dico il marito perchè si sposano a marzo, a proposito si sposano al Santuario, lui subito non voleva perchè dice che è caro ma poi la betta ha insistito, bè lui ha lavorato un paio d’anni a Francoforte o in qualche posto così, e allora parla bene l’inglese e ha sentito cosa dicevano, pensa lui ha guardato quell’altro sfigato e “è quella gente lì”, ha detto, indicandoci, “che ha reso possibile berlusconi”.

Americhe/4


12 Dic

Adiòs

In principio fu la fuga. Verso l’ignoto, una strada piena di nulla e vuota di tutto, uno spazio immaginifico pieno di suoni e immagini e immagini e voci che raccontano.
Poi, l’esplosione della Storia. Quella dei piccoli uomini, dei pezzi di vita alimentati e bruciati sul fuoco di un ritmo continuo, la storia fatta di Storie intrecciate tra loro come tappeti orientali, la storia fatta di storie dai mille colori diversi riuniti in un unico grande disegno. Il caos.
Adesso, è l’inebriante sensazione di lasciarsi travolgere. Racconti e vicende, miti e leggende, personaggi e stagioni. Il mondo nella sua rotondevole pienezza, globo terracqueo ricco di spunti per immergersi nella fantasia più pura, quella della realtà.

Captare ed inseguire qualcuna di queste storie. Attraverso la memoria, il ricordo, la carta, l’immagine e l’immagine in movimento. L’immagine in movimento. Di questo si tratta. Di un movimento, che continua
Una videocamera, un paio di microfoni, una scaletta scarabocchiata su carta a quadretti, milleppiù giga di memoria, quattro mutande, un paio di jeans. Un qualcosa da raccontare.

Abor


11 Set

Quanti amori nati e finiti nello spazio di un pranzo. Nell’attesa di un bus, in una città di polvere e pietre, quattro occhi incollati tra loro in un gioco di sguardi che non potrà mai evolvere in nient’altro. La tentazione e l’invito, il tormento ed il rimpianto, l’inganno e l’illusione. Quattro attimi spesi a giocare col fuoco, a leggere i segreti di un’altra vita lontana, scrivendo nell’aria la scia della propria personalità o di un qualcosa vagamente simile al desiderio di calore dell’umano animo, celebrando una tacita unione carnale destinata ad esplodere in un altro chissà, in altri luoghi ed altri perché.

Quanti amori abortiti al settimo mese.

Continuidad de los parques


26 Lug

Adri è una di quelle persone che, qualsiasi cosa propongano, è impossibile dire di no.
E il problema sta proprio qui, nel costante bombardamento di idee che la contraddistingue, progetti incrociati tra musica e letteratura, tra documentari e festival di ogni tipo, tra inviti per un gelato alla panna fatto apposta per passare un pomeriggio insieme ed infinite conservazioni intorno al tutto ed basate sul nulla.

L’ultima, poi, è geniale. Un blog sottoforma di “conversazione infinita”, due o tre persone sedute intorno ad una panchina, alle quali se ne aggiungono altre, ed altre, ed altre ancora. Gente di ogni lingua, genere ed età, che abbia qualcosa da dire, o semplice voglia di stare ad ascoltare. Continuidad de los parques, si chiama il blog, dal titolo di un racconto di Julio Cortàzar. E funziona così: ogni post è una continuazione indipendente di quello precedente; aggiunge un’opinione al già detto ma sposta la converesazione su un altro argomento, che può essere completamente trasversale o riprendere considerazioni di chi ha parlato dieci minuti prima. Semplice no?

Tutti invitati, quindi. A sedersi sulla panchina e non andar più via, o anche solo a fermarsi un momento per dire, ognuno, la sua, e poi continuare a navigare in solitaria. L’idea nasce in spagnolo, ma è  necessario che si sposti presto all’italiano, all’inglese ed al tagiko. I parchi sono ormai abbandonati ai vagabondi, ai disperati, a chi ha ancora qualcosa da dire.

Solidarietà


21 Lug

…ad un Compagno di Viaggi, che è corso dietro alle strade fino a laggiù dove finisce l’asfalto. Dove la coscienza dei “giusti” solitamente spinge una mano sul naso e l’altra sugli occhi, c’è chi sceglie di agire, di mettere pezze là dove “la democrazia” sono bombe che cadono su artigiani, taxisti, studenti e disperati.

Perchè c’è una guerra.
E noi siamo “il nemico”.

Un sms da Bucarest


06 Lug

…sono nel cimitero “Genchea”, di fronte alla tomba di Ceausescu. Nella terra, piccola lapide con stella rossa e dedica, ormai sbiadita, del PCR. Accidenti che effetto! L’uomo che ha tiranneggiato il Paese dal 65 all’89, che ha costruito un palazzo più grande di Versallies è lì, meno di un pensionato povero.

G.

Falso Allarme


04 Mag

Dear all: We have received information saying that two bomb cars have been found in Barranquilla. One in Exito 51 B and antoher in calle 76 with 52. We don´t know how real this is but just a recommendation stay away from places where people can park cars. This hasn´t happened in Barranquilla since the times of Pablo Escobar.

La mia personale candidatura al premio nobel per la Pace


02 Apr

Pierino ha sessantun’anni e viene dalle montagne di Bormio. Un personaggio piuttosto conosciuto e presente in qualsiasi paesello italiano, uno di quei bravi signori che si sono costruiti la casa con le loro mani perché sono un po’ idraulici, un po’ falegnami, un po’ muratori e un po’ tutto.

Pierino ha lavorato tutta la vita in un’azienda pubblica, é diventato padre e poi nonno. Ha visto l’Italia cambiare velocemente, troppo velocemente, e non sempre in meglio. Poi é andato in pensione, e ha deciso che c’erano ancora tante cose utili da fare, o meglio: che era giunto il momento di fare qualcosa di utile.

Cosí é partito con lo zaino in spalla, come un ventenne. E’ arrivato in America Latina, ha attraversato per settimane intere la Bolivia in solitaria, ha imparato lo spagnolo. E adesso collabora con una ONG di compaesani valtellinesi, gente come lui che ha deciso di dare un senso alle cose facendo qualcosa di utile.

Passa i suoi giorni, Pierino, in mezzo alle montagne d’Ecuador, costruendo scaffali per la scuola prossima ad inaugurare, aiutando dove c’é bisogno. Senza pretese. Anche perché, come dice lui, “se aiutare significa ridurre questa gente a correre come é successo da noi, molto meglio sospendere tutto e tornare a casa”.

Domenica mattina


26 Mar

Si parlava di caffé, di questo strano mondo che esige visti alle persone ma consente alla carta igienica di viaggiare in lungo e in largo, di borse di studio per l’universitá in Canadá e del trio jazz della serata precedente. Disegnando nell’aria progetti irrealizzabili, pregustando il sangue in bocca di chi si butta a testa bassa nello stretto sentiero tra fantasia e “realtá”. Messa tra virgolette perché cosí dice il grande scrittore, una delle poche parole che non hanno e non possono avere un senso né logico né semantico né letterario.
Tutto sui nostri documenti significava differenza, il colore della pelle, il continente di legale cittadinanza, il sesso, perfino l’etá. E tutto mostrava, ancora una volta, come i documenti non hanno nessun senso, pezzi di carta utili su cui scrivere poesie o in alternativa pulirsi il culo, o scrivere poesie per poi pulirsi il culo, e rinnegare ogni significato romantico al bisogno d’espressivitá come forma d’arte in stato fetale. Volavamo nei cieli bassi dei nostri amori impossibili, soli di fronte ad uno specchio appannato dai nostri respiri. Il tuo artista di strada, la mia chimera lontana, il flirt con il giornalista portoricano, le lunghe mani della tentazione in un film di Fellini. E quello scrittore messicano, ascoltavi le mie storie di mondo e rileggevi nella tua mente vecchie pagine lontane, oggi navigo tra le sue parole ed in silenzio penso a te. Tutt’intorno si aggiravano poliziotti con il mitra sulla schiena, eravamo nella capitale di un paese in guerra e l’indifferenza con cui li sopportavamo era il testamento delle nostre speranze verso un mondo migliore. Era il nostro domenica mattina, tutto ció che avevamo, tutto ció che avremmo voluto avere.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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