Archive for the ‘Vita’ Category

Mater


08 Lug

Si muovono a piccoli passi tra la folla accelerata, braccio sotto il braccio e sole con se stesse. Due vite agli antipodi tra le pietre della citta’ millenaria; donne palesemente sole schiacciate da  un mondo di esuberanza maschile all’ora di pranzo. Splende il sole sui vicoli del porto, splende il sole piu’ in su delle case piu’ in su del cielo, splende il sole la’ nello spazio e nel tempo perduto.

Si muovono a piccoli passi con gli occhi fissi nel vuoto, cercando tracce di un passato, di un paese, di un figlio. Di un uomo. Donne sole abbandonate alla deriva. Occidente dimentica in fretta le sue madri; le terre dell’est non ne hanno mai avuta una. Entrambe si incontrano in un tacito compromesso. Un pezzo di carta e duecento euro al mese, via western union. L’illusione di morire un po’ meno sola. Ma entrambe sanno che non puo’ servire a nulla, che non e’ mai servito a nulla, i sacrifici rimangono impressi sul ventre materno ed i figli crescono infastiditi da una madre che ha abbandonato periferie e famiglie per umiliarsi al servizio di vecchi d’altri popoli. I figli possono essere crudeli, si prendono la vita e ti lasciano la morte, te la lasciano in compagnia di una sconosciuta moldava.

Si muovono a piccoli passi, cosi’ uguali e cosi’ diverse. Si appoggiano una sull’altra senza incrociare mai gli occhi, e nessuno sguardo si posa su di loro, esseri invisibili da evitare con un dribbling. Solamente le prostitute zittiscono un momento, quando passano di fronte ai loro portoni. Verrebbe da chiedersi che cosa pensino mentre camminano, quelle due donne cosi’ forti, quei due esseri umani cosi’ fragili.

Poi se ne vanno in fondo alla darsena, la’ dove non si siede piu’ nessuno.
Ad osservare il mare.

Un sms da Bucarest


06 Lug

…sono nel cimitero “Genchea”, di fronte alla tomba di Ceausescu. Nella terra, piccola lapide con stella rossa e dedica, ormai sbiadita, del PCR. Accidenti che effetto! L’uomo che ha tiranneggiato il Paese dal 65 all’89, che ha costruito un palazzo più grande di Versallies è lì, meno di un pensionato povero.

G.

Mirrors


01 Lug

Quando è stata l’ultima volta che hai baciato con passione e non per inerzia?

Quo vadis?


09 Mag

I giorni scorrono via come sabbia tra le mani, in questa eterna stagione che volge verso la sua fine naturale. Tramonta il sole sul cielo del Caribe, ed è una luce arancione accesa, viva, una sola inesprimibile immagine per racchiudere tutti questi mesi (anni?) trascorsi in una vellutata, meravigliosa solitudine, tra pagine ingiallite e quaderni ormai pieni, sotto il letto.

Salgar scompare piano piano. Già da un paio di settimane i miei diciotto metri quadrati di sabbia si sono riempiti di vecchie voci e nuove musiche, un pezzo d’Europa alla deriva su terre che nuove non lo sono mai state. La surreale presenza di un gruppo di amici da queste parti- pochi ma buoni – è un segno dei tempi che evolvono, nonostante l’immobilismo intrinseco nei giorni cotti dal Tropico. Parlare italiano significa ritrovare quella parte di me stesso volontariamente dimenticata sotto il cumulo di giorni mai così uguali, mai così diversi.

Gli ultimi giorni, e tutto si accellera. Quando la candela inizia a galleggiare tra il liquido della cera, è tempo di aver paura del buio che verrà. Un’ultima, effimera illusione, e tutto arricchirà, ancora una volta, l’intangibile fardello di un passato che un bel giorno sembrerà così romanticamente lontano da non esser mai esistito. E’ la fine. E’ un altro inizio. E’ questa cosa strana che qualcuno si ostina a chiamar “vita”, e che altro non è, se non un correre dietro a sé stessi.

(Da oggi qualche pezzo di me gocciolerà, in spagnolo, sull’illustre BlueMonk Moods. Siete tutti invitati).

Popol Vuh


16 Apr

La selva come presenza, come entità. Esiste sottoforma di suono, una nota lunga e grave che sembra non finire mai, un coro polifonico come nelle cattedrali di legno e di pietra, nel milletrecento. Guardala e giudica, e dimmi se non la temi. La selva è qualcosa più che la terra, qualcosa meno dell’acqua, è un mondo simbolico che non entrerà mai nella finestra.

Il gioco


11 Apr

Puoi crearti il tuo personaggio, sceglierti il colore della pelle, la lunghezza dei capelli, l’altezza, il taglio degli occhi, tutto. Poi gli dai un nome, una nazionalità, ed inizi a giocare. All’inizio, non sei nessuno, devi accettare le offerte che ti fanno, puoi valutare fino ad un certo punto dove andare ma senza farti troppe pretese, perchè comunque il tempo scorre e il gioco va avanti senza di te. Poco per volta, però, inizi ad integrarti, ad ambientarti all’ambiente nuovo, ma devi conquistarti il tuo spazio contro tutti gli altri, e la lotta sembra assolutamente vera, li vedi con le loro magliette e con la casacca addosso che si impegnano per essere migliori di te, e ci sono gli inamovibili e ci sono quelli che non ce la faranno mai, tu dalla tua parte hai il fatto di essere giovane. Non ci metti molto a guadagnarti il tuo spazio, e quando finalmente ci riesci sai perfettamente che nessuno te lo potrà togliere, dipende solamente da te decidere che fare e non sempre è facile fare la scelta giusta, sai dove vorresti arrivare però rischi di bruciarti, alla fine siete soli, tu e il tuo personaggio. Poco a poco, addirittura, ti convinci di essere quello stesso personaggio che tu hai creato, ti rendi conto che ti assorbe più che tutte le altre cose, sei tu di fronte ai migliori dei migliori che ti offrono tutto ciò che gli altri sognano, e tu accetti perchè un’occasione così non si spreca ed alla fine essere dalla parte giusta fa sempre bene, ti aiuta ad arrivare là dove vuoi arrivare, basta che non lo dici a nessuno perchè sai perfettamente che farebbero di tutto per eliminarti. Non si tratta di esagerazione, è tutto piuttosto reale, reale in un senso virtuale ovviamente, però sembra vero, spaventosamente vero. I nomi degli altri, le loro facce, tu lì in mezzo ai tuoi eroi e tu più in alto ancora che i tuoi eroi, cose così aiutano l’ego, fanno bene. E intanto passano le stagioni, a dicembre e a giugno puoi decidere il tuo futuro ed accettare altre offerte, poco per volta – anzi, piuttosto velocemente – invecchi, un anno passa nel giro di un paio di settimane, dipende dall’intensità che ci metti nell’impresa, se ti incolli senza staccarti un attimo ovviamente passa tutto più facile, non te ne accorgi che sei già arrivato alla fine del gioco.

Come hai detto che si chiama?

Pro Evolucion Soccer.

Solos contra todos


21 Mar

Un frammento di Solas contra todos, del regista argentino Gaspar Noe….

Questa è una fotografia


17 Mar

Harold, capelli neri e occhi nobili, accento paisa. Vive nella strada, i suoi occhi sono gli occhi di chi ha voglia di chiuderli per un momento, e nascondersi dalle luci della città. Impossibile. Ci riesce con i suoi disegni, a nascondere con la mano la parte brutta delle cose, come si fa avvicinando una mano a cinque centimentri dalla pupilla, la parte marcia rimane coperta e si vede solo una striscia di mondo. Ha la pelle chiara ma anche scura, dipende dai punti di vista, e si sa che i punti di vista sono importanti in una terra dove è meglio mettersi la crema solare per evitare di diventare troppo neri. Harold è nero perchè la strada. Perchè dorme su un cartone nella 73 con 55, lì dove cinque anni fa c’era un parco e adesso ci stanno costruendo la fermata del TransMetro. Eppure sono una brava persona, però tu sai come vanno le cose, io comunque non sono di qua, però è un piacere averti conosciuto, di fronte al Carrefour di solito la gente ti guarda piuttosto male, e invece io voglio solo vendere la mia arte, sai, io la chiamo arte perchè è una cosa che faccio io, che la faccio io e la faccio così e non so nemmeno perchè, forse perchè mi piace così. Però ti guardano male, non so come sia nel tuo paese però qua la gente è razzista, è classista, c’è la società dove devono essere tutti uguali però non possono, sai questo è un paese che ha molti problemi eppure è bello, si sta bene, la gente è felice e sono felice anch’io.

Poi siamo andati al cinema. C’era un film strano, non si capiva se eravamo noi a guardare gli attori attraverso lo schermo, o viceversa.

Natale selvatico


21 Dic

Uno tra i tanti possibili. Nella selva amazzonica, comunità di Sarayacu, simbolo di lotta di difesa della Pachamama da chi vuole continuare a tirar su petrolio nonostante i tempi incerti. Due bottiglie di vino nello zaino, cinque o sei ore di canoa e un autoctono dai capelli lunghi un metro. Non servono ciccioni vestiti di rosso o bambini vecchi duemila anni per festeggiare il natale.

Poi, per chi non sa cosa fare, c’è un articolo su Peacereporter.

…en diciembre llegaban las brizas…


12 Dic

Por fin llegaron, las brizas de diciembre. Como aquel personaje de la mitologia griega, como una dulce amenaza compartida, como una mentira, pero llegaron. Llegò la musica ahì donde antes habìa silencio, llegò la arena a sumergir la poca hierba, llegò el encanto de los viejos tiempos que fueron.

Huelen a salsa, a vallenato y champeta en fusiòn mùltipla, y quiebran un muro de silencio largo cuatro meses y medio. Entran en la casa por debajo de la puerta, sacuden las sabanas antes de posarse sobre la piel, y cuando por fin se van queda, sobre las cosas, esa capa inconsistente que se trayeron de quien sabe donde, por allà al norte, màs allà de la orilla del mar.

Hay quien dice que ya no es como antes. Que ya no existe la misma luz, que los hijos crecieron, que la contaminaciòn ambiental volviò loco al mundo entero. Por supuesto, tampoco las brizas son lo que eran, en estos años desgraciados se han vuelto màs flojas, y pronto desapareceràn tambièn ellas. No sé. No sé que significa el antes, ni aquì ni allà. Y quizà sea mejor asì.

Solamente, me dì cuenta de que adoro a las brizas. Especialmente en diciembre, cuando sacan el calor de las calles y en su lugar le ponen la gente, y le quitan este sentido aburrido a la Navidad: sencillamente, la vuelven el comienzo de algo, algo que, por lo que dicen, se acabarà con un gran Carnaval. Por eso duermo con la puerta abierta, para que las brizas me cubran con su capa misteriosa.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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