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“La Biblia de Barranquilla”


01 Ago

Marvel Moreno te explica bien lo que significa Barranquilla. Aunque si solamente quien viviò esta ciudad por un rato, sea un mès un ano o una vida (tambièn la vida es un rato) puede alcanzar a comprender como la mezcla de realidad y finciòn que relatan sus paginas es mucho màs verosimìl de lo que se pueda pensar. “En diciembre llegaban las brisas”, premio “Grinzane Cavour” – y otros màs – en la literatura europea, no es asì conocido en la tierra donde naciò. Tierra que idolatra hasta niveles sacrales su hijo predilecto, gabrielgarcìamarquez alias Gabo, y se olvida de quien no se olvidò de ella huyendo en Parìs.

Marvel Moreno escribe sobre hipocrisia, pasiòn, machismo, sexo, mestizos indios negros y ancestros europeos. En una palabra, Barranquilla. No obstante la ubicaciòn temporal sea los Cincuentas, es asombrante la actualidad de la inflada temàtica “relaciòn entre un hombre y una mujer”, sobre todo si se piensa que cincuenta anos de batallas en contra la cultura machista aquì nunca aparecieron. De aquì sale el ultra-feminismo radical de esta autora que fuè Reina del Carnaval, junto a una crìtica a las mujeres de su ciudad, responsables como los hombres de una situaciòn eterna, inmutable.

“…los años han pasado. No he vuelto ni creo que vuelva nunca a Barranquilla. A mi alrededor nadie conoce siquiera su nombre. Cuando me preguntan còmo es, me limito a decir que està junto a un rìo, muy cerca del mar”.

John Castaño


30 Giu

Vagava tra i tavolini dei ristoranti della citta’. Presenza costante, cordiale come un cameriere e piu’ convincente delle pietanze tipiche costeñas, proponeva da tempi immemori il suo ultimo capolavoro “solo per voi a 70.000 pesos”. Niente di nuovo nell’immenso supermercato dei disperati barranquillero, se non fosse che l’opera d’arte era lui. Originario della vecchia Cali, John Castaño si rivolgeva ai suoi potenziali clienti in inglese, a volte in francese. Un po’ come stendere la stuoia sulla spiaggia di Celle Ligure e ascoltare un napoletano gridare “Nice coconut fresh coconuuuut…”. Marketing alternativo.

John Castaño, semplicemente, aveva vissuto sei dei suoi cinquantaqualche anni in Spagna, in Francia, in Norvegia e in Olanda, e di quei giorni europei ancora portava il ricordo nel cuore, nei quadri e nella testa. Cosa avesse combinato da quelle parti alla fine nessuno lo ha mai saputo, erano ben chiari pero’ i motivi del suo ritorno: “l’inverno, parcero”. Nonostante lo spirito artistico che lo avvolgeva, non era riuscito a comprendere quel fantastico congegno che ha creato l’inverno per farci apprezzare anima e corpo l’esplosione della primavera.

C’era un qualcosa d’inquietante in quel personaggio. Un mistero che sorgeva spontaneo ascoltando il fiume in piena delle sue parole. Cosa ci faceva tra i tavolini dei ristoranti, a proporre solo per noi il suo ultimo, sempiterno capolavoro a 70.000 pesos? Tra i 13.000 pesos (4 euro 4) salario base giornaliero in Colombia, la risposta.

Metrospiritualita’


13 Giu

Creata dal suddetto ospite, cio\' appare in forma gigante nella sua stanza da letto.

Da troppo tempo mancavo in una grande citta’. A questo penso mentre un’orda di cinesi giaccacravattati esce da un pub irlandese e mi passa accanto. Banale dire che Barranquilla o Medellin hanno i loro grandi numeri: in Sud America non e’ la massa urbana a definire la grandezza di una metropoli. Nemmeno in questo, la massa degli “invisibili” che popola i sobborghi ha il suo peso, mangiare-bere-dormire-sopravvivere non sviluppa economie e allora anche Barranquilla coi suoi due milioni di anime diventa un paesello.

E invece, finalmente, eccomi incasinato tra codici di bus e polveri sottili (e comunque decisamente piu’ spesse di quelle europee, molti mezzi qua vanno a carbone). Eccomi perso a vagare nell’oblio comprando amache e un libro a 1000 pesos, 0.30 cents, “Plan y beneficio en la economia sovietica”, chiaro e lampante che mai lo leggero’. Ritrovo le lampadine accese anche al martedi’, utopie metropolitane che animano e smuovono i sonnambuli 7 giorni (notti) su 7. Mi invitano a mangiar robe diverse, con genti diverse, tra le altre la direttrice di Semana.com. Respiro nell’aria, oltre alle polveri sottili, il fermento politico che tanto manca sulla costa, l’elettrico aere che POTREBBE preannunciare grandi novita’.

E poi, una presenza fissa. Una serie di personaggi che, inspiegabilmente, incontro costantemente nelle capitali del mondo. I “metrosessuali”, un’entita’ indefinibile prima di tutto a loro stessi, un mix di newslangcool e disordinata pazzia che ancora una volta mi ospitano nelle loro allegre case profumate d’illogismi. I metrosessuali. Como le metropolitane, i metronotte e i metrologismi.

Ruta bogotana


12 Giu

Venti menu’ variegati e distinti. Uno per ogni ora di viaggio, attraversando una Colombia che piano piano si raffredda, si bagna, si tinge di verde e poi di nero e poi di alba tropicale. Fotografie gia’ viste, passano le ore, un bambino di 8 anni mi offre un mandarino. E’ sporco, scazzato, ha la maglia al contrario. Parliamo di calcio e di cose, a Bogota’ lo aspetta la mamma.

Passano le ore e sembrano giorni. Si alternano i risvegli ed i libri. L’autobus adesso attraversa l’altipiano dei Tatra slovacchi, poi la Svizzera, poi un sogno che diventa realta’ e si chiama Tunja. Giace persa a 3000 metri d’altezza e c’e’ la nebbia e profuma a malinconia, qualcuno sentenzia che si tratta del luogo piu’ freddo di questo sorprendente paese. L’autobus produce Vallenato, l’mp3 e Manu Chao lo sovrastano e lo annullano.

Poi, arriva Bogota’, con le sue manie di grandezza da metropoli mondiale. Il traffico conduce in un’altra eternita’, ma l’incubo finisce in un appartamento di facce conosciute ed ignote. Si obbedisce tutti alla legge che vuole “gli amici degli amici tuoi amici”. I muri sono dipinti d’assurdo, sulla porta della cucina c’e’ una serie infinita di fototessere: i visitatori di quest’antro d’artisti nel corso degli anni. Appendo la mia ma non mi riconosco in quel tipo.

“Cosa ci fai qua nella pioggia?” “No niente. Vengo a conoscere Mockus”. “ah grandioso, grandioso Mockus, andiamo a bere qualcosa”. Dopo la pioggia e prima della birra saltano fuori facce d’amico.

Calle 84 6 a.m.


09 Giu

Una strana sensazione nell’aria. Una casa incomprensibilmente vuota, per la prima volta i muri sono bagnati di una sostanza riflettente che non contempla i fantasmi. La casa è vuota, la stanza è vuota, le anime stesse sono vuote e ripetitive e paranoiche. Empty, vacìo. Parlano i chiodi nei muri, urlano al fumo la disperazione totale: llevaban en ellos trozitos de vida, trozitos de vida ahora cerrados en malletas y recuerdos.

L’armata dei superstiti accalorata agonizza intorno a una tavola. Il fondo è di vetro, attraverso lo sguardo s’intravedono piedi e immondizie e battiti di ali. Una combriccola di zombies, incollata a vicenda da dadi e bottiglie, da miele e parole, da brividi e buio. La superficie vitrea riflette un computer, cordone artificiale e itinerante. Nei suoi viaggi sbatte nella notte piccanti individui dalla città dell’ovest al disordine costeño.

Le parole volano e le mani scivolano nel caldo umido di vertigine e furore. Mentre i clacson accendono, le luci uccidono, le carezze smuovono la moltitudine di depravata passione. ¿Hai perso il filo? Anche io. Nel tombino di una città senza tombini.

Trippin’ Colombia


03 Giu

Di viaggio, di musica, di immagini. Di sguardi dall’alto su vite giù in basso. Di cavalli, di scarpe, di movimento e di lento incedere. Di bambini, di vecchi, di urla e di suoni, di pappagalli e di minotauri, di verde e d’azzurro.

Di psichedelìe e “solitarietà“. Di compagnìe e libertà.

La puerta de oro 2008


21 Mag

La “puerta de oro de Colombia” è oggi una lunga striscia di cemento in decadenza incapace di resistere ai graffi dell’oceano. Lì dove si aprivano le porte di lontane americhe ai sognatori e ai disperati di transatlantici provenienti da mezz’Europa, vecchi cani e semplici capanne di legno al tetto di palma si dividono i resti di un mondo che si è spostato verso l’altrove.

Nell’immagine di queste acque sporcate dal Magdalena che muore lì vicino, s’intravede davvero lo specchio d’oro che il sole lascia sull’acqua laggiù dove la Colombia finisce, una striscia lucente a indicare lo splendore locale che qualcuno conobbe, quando l’uomo ancora non sapeva volare. Dispersi e incollati dal sale, lungo le poche centinaia di metri del Muelle di Porto Colombia, sopravvivono le incertezze i timori le speranze dei figli di centomila terre diverse che negli anni arrivarono nel capo nord del mondo a sud, tedeschi francesi italiani russi slavi arabi e cinesi che velocemente fusero in un unico calderone tutti i loro mondi diversi per crearne un ennesimo, in comunione con la pasiòn criolla autoctona.

Il muelle centovent’anni dopo è un vecchio decrepito che si lascia umiliare dalle onde e dal sale. Le discendenze degli avventori di un tempo di tanto in quanto tornano a trovarlo la domenica. Tuffandosi nell’immortale poesia di un angolo di eternità ripercorrono ancora una volta quei mille passi in mezzo al mare, e spesso sognano le stesse utopie che i loro nonni abbandonarono sull’altra riva.

Caronte


19 Mag

Completamente immerso nel gioco di specchi tra Sinclair e Demian, non mi ero per niente accorto di essere fermo su un autobus da più di un’ora. Dal finestrino lì accanto s’intravedeva l’aura arancioneartificiale di Barranquilla, e Santa Marta era rimasta indietro 4 o 5 ore prima.

Svegliato dall’incanto da due spagnoli e compar Leo, in un attimo abbandonammo il sedile per incamminarci sotto la luna verso la città, in una lunga processione di massa fianco a fianco a figure di autobus, tir e mezzi vari abbandonati sulla carreggiata. I camionisti, intanto (sempre c’è da imparare, dai camionisti) legavano la lora amaca tra il serbatoio e il semiasse posteriore, e nel loro giaciglio godevano dell’imprevisto. Al lato, i colombiani lì residenti (sempre c’è da imparare, dai colombiani) improvvisavano i più svariati commerci, e in mezz’ora era possibile comprare qualsiasi sorta di bene desiderabile. Lume di candela e luna di Caribe erano la cornice naturale del tutto.

D’improvviso, e in tutti i sensi, la luce:  in una sorta di sciamanica messa, urla e fiamme invadevano la strada, non un ritorno allo spiritismo ma una moderna ed improvvisata protesta. Gli abitanti del barrio della “Tasejera“, povero insieme di capanne e polvere nei sobborghi di Barranquilla, protestavano così contro i tagli all’elettricità con cui erano stati puniti da ormai 3 giorni.

Non entrerò nel merito della protesta, semplicemente perchè protesta non fu. Si convertì piuttosto rapidamente, semmai, in un attacco di massa contro la folla errante e contro gli unici Kamikaze presenti (i taxisti) con l’unico e poco nobile scopo del saccheggio, saccheggio a mano armata (di bastone e bottiglie di vetro). Per una volta, non era quel branco di disperati a cercare di avvicinarsi al mondo ma il mondo stesso a fermarsi in mezzo alle loro capanne, e per di più al chiaro di fiamme e luna.

Uscirne non è stato facile. Basterà dire che, in un’amplesso di trasfigurazione e poesia, trovammo alla fine il nostro fiume e il suo Caronte. Per raggiungere l’altra riva del Magdalena, un formidabile taxista ha addobbato il finestrino del suo taxi con un paio di biglietti da 1000 pesos su cui la folla si è fiondata, liberando il cammino. Per ogni storia la sua morale: sempre c’è da imparare, dai taxisti.

Darius – o David – ovvero: in ogni villaggio c’é uno scemo


07 Mag

milhouse.jpgUna grande nuvola nera segnala l’incombere di queste presenze costanti. Le folle si ammutoliscono, e i piú saggi si allontanano. C’é chi sostiene che anche gli uccelli smettano di cantare.

Nei giorni piú freddi di Laisvés Aleja come nel forno a cielo aperto di un mezzogiorno caraibico, Darius – e David – vagano nell’aere con lo stesso costante obiettivo. Una volta individuato, non c’é via di fuga: essi si avvicinano con passo deciso, una luce accende il loro sguardo, piú in lá dell’inestricabilitá della loro complessa vuotaggine cronica e cranica. E’ il preludio. Quello che segue sono le stesse domande di ieri, in attesa delle medesime risposte dell’altro ieri. Dialoghi vuoti, dialoghi costanti, dialoghi pesanti cosí pieni di niente che irritano all’inverosimile. Mi immagino cosí le zecche dei cani. Con la faccia di Darius, o di David.

Certe volte, sorprentemente, Darius – o David – si spingono piú in lá del prevedibile:
Darius (o David): “…e senti un po’, non hai un account facebook o skype o msn?”
Baltic Man: “…no, non conosco queste diavolerie.”
Darius (o David): “come no! Ci permetterebbero di essere amici anche via internet”
Baltic Man: “io non sono tuo amico”.
Darius (o David), accusando la botta dietro l’occhiale ma rialzandosi come il miglior Tyson: “allora dammi il tuo numero di telefono”
Baltic Man: “Perché? Non voglio essere tuo amico”
Darius (o David): “no, cosi, magari possiamo vederci anche di sera, andare al cinema, o ti faccio conoscere tutti i miei amici, sono simpatici sai, e si chiamano tutti Darius, o David”
Baltic Man, sudando ghiaccio: “ah. certo. 301…”
Darius (o David): “Ma questo é il numero dell’altro italiano, ce l’ho giá”
Baltic Man: “Ti sbagli, é il mio. Chiamami pure, questa notte, verso le 3”. E fugge.
Darius (o David), affannato, ricordando l’immagine di una sposa incinta al decimo mese che saluta l’amato sul treno che lo porta alla guerra: “…a stasera, amico mio”

Vento di Guajira


05 Mag

sainn-wuu.jpgsainn-wuu.jpg

Proprio nell’angolo del suo estremo nord geografico, il Sud America stupisce ancora una volta e si colora di sè stesso.
Nel desertico scorrere della Penisola di Guajira, le facce della gente parlano di indio, seguendo il ritmo lento della loro genetica che fa di queste terre i luoghi più rilassanti della Colombia e, conseguenza diretta, lontani anni luce dal progresso degli altri.
Fotografie d’altri tempi si compongono là dove finisce la meccanica del pick-up, fotografie che con i piedi al vento non provo nemmeno a rubare alla gente di Guajira e all’istantanea della mente, l’mp3 d’istinto nasconde Audioslave e propone Fito Paez. Con i piedi al vento. Vento che sa di gasolina, si respira nell’aria, il Venezuela con il suo oro nero è dall’altra parte del muro e il contrabbando di energia è lì, tangibile ad ogni kilometro, racchiuso in taniche che impregnano la terra, gli animali e la vita.
L’incanto si rompe e si trasforma quando scompaiono i benzeni e le narici s’inondano di sale, brezza d’oceano un po’ benedetta e un po’ puttana che brucia le pelli e accarezza i capelli.
Lo sguardo al mare nelle grida di Riohacha al tramonto è un’intersezione di arti diverse, fotografia pittura musica e perfino letteratura, tra le pagine di Garcìa Marquez il Grande Tutto è già stato consacrato all’immortalità. Perchè l’atmosfera e i tempi e la primavera ispirano per davvero Amori ai tempi di Colera, tormenti e passioni umane che viste da qua sembrano meno fantastiche e soprattutto più vicine.
Guajira è quel tipico nome che sa di lontano, di vicino, di occhi allungati e di gasolina.

Foto, splendida foto, di “Gomoku”.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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