Posts Tagged ‘Casa [?]’

Fuori dal (primo) mondo


31 Mag

Traduzione veloce dell‘articolo apparso sul BlueMonk:

Riflettendo sul significato del concetto di “casa”, ci si puo’ ritrovare di fronte a situazioni piuttosto controverse, soprattutto quando i contrasti tra due situazioni sono evidenti almeno quanto i pregiudizi, e le situazioni effettive, paradossali.

Il discorso e’ che mi sono trasferito. Non vivo piu’ in una casetta sulla spiaggia dell’Oceano Atlantico, frazione di Salgar, municipio di Puerto Colombia; sono tornato nel punto di incontro tra Alpi ed Appennini, in un punto qualsiasi delle montagne della vecchia Italia, dove sono nato. Nonostante le differenze possano sembrare infinite, mi stavo dedicando all’esercizio di focalizzare le similitudini, in una specie di studio di un’immaginaria “sociologia dei paesini”, quando un altro tipo di riflessione, questa volta, relativa alla geopolitica ed alle comunicazioni, ha deviato il corso dei miei futili pensieri.

E mi rendo conto, adesso, di come ero fin troppo ben abituato nella mia casetta senza vetri alle finestre, la’ fuori da ogni mappa. D’accordo che dovevo passare la scopa ogni volta che tornavo a casa, di sera, per tirar via mezzo kilo di sabbia dal pavimento. Si spegneva la luce della cucina ogni volta che il frigo si accendeva in automatico – che si puo’ fare. Avevo perfino dovuto condividere diverse volte il mio cibo con ogni tipo di esseri viventi di ogni dimensione, che  saltavano fuori – da chissa’ dove – ad ogni disattenzione. Cosi’ e’ il Tropico.

Eppure, non e’ poca cosa, per un viaggiatore postmoderno ed ipocrita, costantemente incollato a quello che rimane indietro attraverso il web. E la’, nella casetta di Salgar, avevo internet. Qualcosa che nel municipio di Viola, al nord di Italia, piena Unione Europea, pare impossibile.

Ragioni economiche? Politiche? Disattenzione? Chi lo sa. Tutto e niente, a quanto pare. Gli indigeni locali dicono che il cavo dell’ADSL e’ arrivato solamente fino a valle, dimenticandosi di chi vive qualche kilometro piu’ in su. Pero’ in realta’ si sa che il caro signor B. – che, come si sa, ha fondato il suo impero sulla trash-tv commerciale – fa tutto il possibile per frenare l’evoluzione di internet e continuare cosi’ nell’era primordiale della “scatola magica” – un mezzo di comunicazione obsoleto ormai da decenni, nonostante lo dipingano oggi di “digitale” (il fornitore unico dei decoder? Paolo B. Fratello di Sua Maesta’).

Il risultato e’ che la conclusione di qualsiasi analisi di osservazione continua ad essere lo stesso: “primo” e “terzo” mondo sono concetti arbitrari e piuttosto antipatici, una volta di piu’. Se l’accesso ad internet e’ ormai una discriminante fondamentale nel livello di sviluppo di un Paese, si consideri che in Italia il 12 percento della popolazione continua a vivere coattivamente disconnessa dal mondo.

E nella mia casetta di Salgar, tra sabbia ed elettricita’ precaria, insetti e finestre senza vetri, ho trovato, finalmente, il progresso. Wireless.

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14 Gen

Ochomil Cerruti, dicen que serán traídos
a poblar la Sierra Nevada de Santa Marta. Si un Cerruti
nos ha bastado para darnos la carga que nos ha
dado ¿qué haremos con ocho mil? Valía más que nos
trajesen culebras o alacranes. En la Argentina, ya no
saben qué camino tomar con los italianísimos. Pero
nosotros siempre seremos tontos e inexpertos.

“Ottomila Cerruti, dicono che verranno a ripopolare la Sierra Nevada di Santa Marta. Se un Cerruti ci è bastato per creare tutti questi problemi, che faremo con ottomila? Sarebbe stato molto più utile se ci avessero portato vipere o scorpioni. In Argentina, non sanno più che farci con gli italianissimi. Eppure, noi saremo sempre più tonti ed inesperti…”

Da Colombia Cristiana, 1892, a proposito dell’immigrazione italiana nella Colombia del Nord. Il Cerruti in questione fu un personaggio scomodo per l’oligarchia colombiana, un qualcosa come i vari “Imam terroristi” dei tempi moderni.

Senza più speranza, senza patria


21 Nov

Pare che nessuno si renda conto, in quella strana terra lontana, che le crepe nelle pareti stanno raggiungendo dimensioni preoccupanti. Senza voler creare allarmismi, anzi. E’ che a volte pare tutto così paradossale, e il dubbio ti viene. Sarà la mancanza di oggettività di un punto di vista troppo vicino al problema: anche un ciclone può sembrare una tormenta, ai marinai che ci sono dentro. Succede spesso, nei film.

Il problema, però, questa volta pare serio. Tangibile, quotidiano. Soprattutto agli occhi di chi guarda l’italia da lontano, attraverso gli occhi di internet, che si dice sia lo specchio della società contemporanea. C’è una classe politica pallonara puttanara televisiva ignorante incompente volgare e ipocrita, che non ha nemmeno il coraggio di difendere a testa alta i loro valori sessuali promiscui e narcodipendenti. Poco più in basso, tenuta buona a colpi di crocifisso, una mandria di aspiranti puttane e puttanieri ingrassa leccando i deretani dei “personaggi vincenti”, un po’ mangager di formula uno un po’ camorristi, un po’ lampadati e un po’ ciarlatani.

Si intravede un popolo, attraverso la rete, piuttosto grottesco: gente che si scambia le rose di buona notte allegando messaggini da rincoglioniti, mentre i puttanieri privatizzano l’acqua e i transconsulenti muoiono nelle stanze d’hotel, in circostanze misteriose. Gente di cinquant’anni, persone che nel millenovecento e settantacinque avevano vent’anni, persone nate vissute e cresciute nell’europa del dopoguerra (che da queste parti chiamano “il primo mondo”), godendo di ogni privilegio sociale ed economico possibile per evolvere come si aspetterebbe da un essere dotato di un cervello, incollate allo schermo a scambiarsi la canzone di tiziano ferro con le nipotine. Studenti al quarto anno d’ingegneria che dialogano attraverso insulti a sfondo calcistico. Cosa ci si potrà mai aspettare da un dodicenne, a questo punto.

C’era un documentario emblematico, nell’Argentina che scivolava verso il disastro degli anni Settanta. Una frase s’inseriva violentemente tra le immagini, con un messaggio chiaro: “ogni spettatore è un codardo o un traditore”. L’italia di oggi è una tragedia decadente. Per ogni tragedia, i suoi spettatori.

Gli italiani e la memoria storica


27 Ott

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura.
Non amano l’acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane.
Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri.
Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti.
Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci.
Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti.

Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti.
Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti tra di loro.
Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti.
Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.

I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare tra coloro che entrano nel nostro paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali…

…Si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare.
Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purchè le famiglie rimangano unite e non contestano il salario.
Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal sud dell’Italia.

Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più.
La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione.

Da una relazione dell’Ispettorato per l’Immigrazione del Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti, Ottobre 1912.

Berlusconi spiegato agli italiani


29 Giu

Tra le miriadi di articoli che quotidianamente, dall’estero, cercano di definire la penosa situazione italiana, uno in particolare è particolarmente interessante. Voilà la traduction.

“Abbiamo visto come funzionano i totalitarismi del XX Secolo e sappiamo perfettamente a cosa attenerci. Se il Male potesse avere, in politica, una sola forma, sarebbe probabilmente questo. Dobbiamo però chiudere gli occhi di fronte alle aberrazioni che si producono regolamente al centro di democrazie consensuali?

Da George W. Bush a Josè Maria Aznar, passando per Tony Blair, abbiamo dovuto sopportare, recentemente, alcuni dirigenti che non esitavano a richiamarsi alle regole più elementari della morale per giustificare la violazione del diritto internazionale. E’ vero che tanto gli americani come gli spagnoli e gli inglesi hanno rifuggito, senza mezzi termini, questi signori colpevoli di averli direttamente danneggiati. L’Italia, però, continua a soffrire le stravaganze di Silvio Berlusconi ed i mali del suo sistema. Al suo cospetto, i nostri amici intellettuali italiani sono demoralizzati, oppressi da qualcosa che stanno vivendo come un’autentica maledizione.

E’ inutile ricordare nei dettagli le caratteristiche, i fatti e le parole del personaggio: megalomane, volgare, spietato con gli avversari, distorto ed ipocrita con gli alleati, manipolatore, amorale e, soprattutto, frivolo, di una frivolezza tale che lo converte in impermeabile alla vergogna ed al ridicolo. Ma è un uomo di affari prudente, un politico astuto, che utilizza il suo impero mediatico basicamente per fomentare i più bassi istinti del popolo ed ottenerne l’appoggio.

Come è potuto accadere, nel paese di Dante e del Petrarca? Il fenomeno Berlusconi prende forma in una società che non solo è democratica e moderna, ma anche basata su una lunga tradizione culturale. Ogni ambito dell’intelligenza e delle arti è stato fecondato dal genio italiano: la letteratura, la pittura, il cinema, la scienza. Ebbene, Berlusconi sembra rappresentare l’esatto contrario di questa tradizione. Perchè quindi continua a vincere le elezioni?

Due caratteristiche nell’attuale situazione italiana possono aiutarci a trovare una risposta. La prima è direttamente collegata al significato ideologico del del “berlusconismo”. Da qualsiasi angolo lo si osservi, il discorso berlusconiano si mostra sempre come l’espressione di una volontà di potere irrazionale, di tipo quasi nietzschiano, sorta brutalmente nel cuore stesso del sistema politco italiano. Messa in scena dal comportamento del Cavaliere, questa voglia di potere è iniettata giornalmente nell’immaginario della società attraverso il suo impero mediatico. Una sorte di potere “totalitario democratico”, se una simile definizione non è autocontradditoria. Eppure, non è Berlusconi il proprietario legale di questo immenso potere? Non è, qua, il potere del denaro la base democratica della voglia di potere?

Questa situazione, della quale ogni italiano è cosciente, è provocata dalla distruzione drammatica del sistema dei partiti che hanno dominato la vita politica nell’ultimo mezzo secolo. Varii sono i fattori che hanno condotto all’indebolimento strutturale tanto delle istituzioni statali come del potere legislativo (fatte, disfatte e rifatte secondo le necessità e la voglia di potere berlusconiana): la disgregazione dei grandi blocchi politici, l’emergere di forze minoritarie che hanno formato alleanze congiutturali, l’esistenza di un sistema elettorale fabbricato perchè sia impossibile creare ampie maggioranze, la corruzione localizzata in seno alle pubbliche politiche con il fine di generare realtà parallele alla legalità (clientelismo, zone d’ombra per le attività mafiose nell’economia…).

La macchina berlusconiana si è formata così in uno spazio che storicamente è rimasto vuoto, dopo la scomparsa della democrazia cristiana e la sinistra riformista di allora, incarnata dal defunto Partito Comunista. Di quelle due grandi formazioni politiche, rimane solamente una destra sgretolata, rotta, ed una sinistra impotente, lentamente trasformatasi in un centro-sinistra per terminare, oggi, in un magma indefinito.

Da ormai 20 anni, il berlusconismo ha svolto fondamentalmente il ruolo di sostituto della decadenza dei grandi partiti politici. Ha introdotto una forma di fare politica che non aveva precedenti, in Italia, dalla fine del fascismo, basata integralmente in un populismo reazionario e triviale, tipico dei partiti dell’estrema destra tradizionale. Tra il razzismo della Lega Nord di Umberto Bossi ed il neofascismo soft di Gianfranco Fini nel sud, Berlusconi ha aggiunto un tocco personale: attacchi costanti al potere giudiziario, odio viscerale verso il mondo dello spirito, conversione dei migranti al ruolo di capri espiatori… Questo conglomerato di partiti, che ha per unico obiettivo la conquista e la conservazione del potere, si appoggia peraltro su quegli strati della società che tradizionalmente sostengono i regimi autoritari: classi medie commercianti, alta aristocrazia finanziaria, basso proletariato, salariati abbandonati dalla sinistra.

Di fronte a tutto ciò, la società civile itailana reaziona con alcuni grandi nomi e formando partiti politici promettenti (come Italia dei Valori dell’ex magistrato Di Pietro), però, scarseggiando la forza politica del futuro, sembra consegnarsi sola all’impotenza. La Chiesa cattolica, concretamente nel nord, si iscrive all’interno del movimento di resistenza, prestando aiuto agli immigrati ed agli stranieri di fronte all’odio che li circonda.

La seconda caratteristica che può spiegare la preminenza politica della volontà di potere berlusconiana si riferisce all’indebolimento delle condizioni di espressione della volontà generale in Italia. L’esistenza di un sistema elettorale basato sulla rappresentazione proporzionale integrale suppone la dissoluzione della volontà generale in una moltitudine di forze che non fanno altro che annullarsi. In più, ogni riforma del sistema elettorale imposte da Berlusconi aspirano al mismo obiettivo: riprodurre all’infinito i limiti intrinsechi del potere rappresentativo, favorire il fallimento dell’espressione della volontà generale, generareimpotenza politica nei confronti della superpotenza del suo impero mediatico.

Detto in altro modo, il sogno berlusconiano consiste nel ridurre la volontà generale ad essere il risultato della competizione deliberativa tra i partiti politici, sottoposta al potere mediatico, che controlla praticamente al 100%.

L’incapacità che dimostra il modello politico italiano per creare una volontà generale coerente non è l’unica conseguenza dell’esistenza di un sistema elettorale particolarmente nefasto. In realtà, la questione di fondo riguarda la scomposizione prolungata, da ormai 20 anni, delle élites politiche e culturali italiane di destra e sinistra. Il berlusconismo si manifiesta prima di tutto come il sintomo di questa scomposizione, però basandosi su una base ampiamente popolare, appare evidente come la responsabilità della sinistra italiana è schiacciante.

La principale conseguenza di questa situazione è più grave di quanto sembri. La disgregazione della volontà generale maggioritaria, unita all’emergere della volontà di potere berlusconiana, conduce dritta verso uno dei vizi più letali della democrazia, denunciato nell’antica Grecia da Aristotele: la trasformazione del sistema democratico in un sistema demagogico. Perché la demagogia, oltre a rappresentare l’opposto della legge democratica, è anche la forma di espressione privilegiata di ogni populismo.

E’ ovvio che presto o tardi il popolo italiano si libererà dall’anomalia berlusconiana. Questa esperienza, però, dovrà farci capire che nessuna democrazia rimane esente dal sorgere di fenomeni simili al berlusconismo italiano, quando non presta la giusta attenzione alla logica profonda delle sue istituzioni”. Sami Nair, El Pais.

L’America è un concetto e non un luogo


12 Mar

Pare che l’Argentina degli anni dieci, o venti, o trenta, fosse un casino ineguagliabile di elementi. Mi piace immaginarla come un foglio bianco, infinito, dove milioni di linee definiscono un’elaborazione astratta. Fusione di elementi, apoteosi della novità, celebrazione del Diverso: tutto esplodeva nell’assenza di regole, l’Uomo poteva allargare le braccia e graffiare la Libertà.

Quattro abitanti su cinque, nella sua capitale, erano immigrati. Quattro abitanti su cinque, e nessuno dei quattro parlava la lingua degli altri tre. Avventurieri, disperati, fuggiaschi, yugoslavi, quintogeniti, primogeniti erranti, italiani, coppie affamate, musicisti incompresi, spagnoli, affaristi falliti, pizzaioli, annoiati, esiliati. Ognuno sceso dal suo transatlantico in un Mondo Nuovo X, la chiamavano Buenos Aires ma avrebbe potuto tranquillamente essere New York, o Timbuctu: mio nonno stesso, ancora oggi, chiama tutto ciò che esiste dall’altro lato di un ipotetico oceano La Merica, un elemento indefinito dove tutto è presumibilmente più grande, più verde, più dubbio.

Vista da lontano, Merica (o Buenos Aires) era, allo stesso tempo, overdose e religione, ribellione e SecondLife, futuro e fantascienza, rinascita e morte.

Difficile immaginare un luogo migliore, di quell’Argentina degli anni venti.

p.s. nuove foto su flickr.

Shocks generazionali


04 Mar

Tanto tempo fa, nella stretta valle dalla quale provengo arrivò l’Inquisizione, e come da sacra apostolica romana abitudine probabilmente diedero fuoco a qualche anticlericale dell’epoca. Da lì, un’abitudine che si è consolidata nelle generazioni, arrivando fino a mia nonna e quindi fino a me: “di religione non si parla”. Meglio così, per evitare problemi.

Nella Buenos Aires di trent’anni orsono, 30.000 giovani scomparvero nel nulla, o meglio, nelle acque del Rio La Plata (o vennero invitati a un simpatico giro turistico al mare, come disse quel simpatico umorista). La madre della mia coinquilina, che studiava nella capitale e lì viveva con un gruppo di altri studenti, uscì a comprare il pane. Una volta tornata a casa, i suoi coinquilini erano tutti morti. Ognuno nella loro stanza, tutti morti. Lo stesso giorno, la madre della mia coinquilina se ne tornò a Mendoza, strappò dalla sua stanza i poster di Che Guevara e dalla libreria ogni libro, e sotterrò tutto in una profonda buca nel giardino. Quando sua figlia le parla dei circoli artistici della Capitale, o di un concerto organizzato dalle Madri di Plaza de Mayo, sua madre le risponde: “di queste cose non si parla”. Meglio così, per evitare problemi.

Ambasciator non porta…


19 Dic

Leggo dell’esistenza di un’ambasciata d’italia nello stupefacente stato del Vaticano, e non ho nemmeno più voglia d’incazzarmi. Se hanno deciso di mettercela, a qualcosa servirà (ah, ah). Spero almeno che per risparmiare l’ambasciatore mantenga le comunicazioni con Roma tramite i piccioni viaggiatori, o una bici.

Ma poi decido d’incazzarmi lo stesso, perchè qualche ambasciata italiana purtroppo ho dovuto visitarla, ed è stato proprio in quei lugubri covi di paraculati burocrati (a Vilnius il nostro ambasciatore ha uno stipendio più alto del Primo Ministro, ma fa lo stesso) che mi sono vergognato di essere italiano.

A Bogotà, per esempio. L’ambasciata d’italia è un bunker di guerra tra i palazzi residenziali del nord. Circondata da filo spinato, è popolata e difesa dagli esseri più insulsi e maleducati che si potrebbe mandare a rappresentarci all’estero. Questo, ovviamente, se si è colombiani, perchè inutile dire che il trattamento riservato agli utenti è diversificato dalla cittadinanza di questi ultimi.

E’ accaduto, per esempio, che una persona abbia avuto bisogno di informazioni e assitenza a proposito ddi un visto per poter studiare in Italia. Invitazione d’ateneo in regola, fogli e papeli e scartoffie a posto, appuntamento in ambasciata per risolvere un piccolo problema apparentemente piccolo: gli italiani richiedono un deposito bancario enorme per poter accettare lo studente colombiano.

L’appuntamento è alle 2.15, ma l’Avenida Jimenez è bloccata per traffico e si arriva lì 4 minuti dopo. Gli italiani, famosi per il loro proverbiale senso della puntualità, non possono tollerare una cosa del genere e annullano l’appuntamento. “Torni il prossimo mese, il 3 di gennaio”. E non importa se tu arrivi di Barranquilla, 22 ore di autobus dal maledetto bunker. Visto che però spunta fuori un incazzatissimo balticman dotato di passaporto italico, il burocrate ci ripensa e concede un rapido incontro (a me, senza colombiani di mezzo) per mettere in chiaro, tra le righe, un concetto tutto sommato già sottinteso: “abbiamo precise disposizioni di ostacolare qualsiasi colombiano che voglia studiare in Europa”.

E a questo punto, fanculo alle ambasciate, agli ambasciatori, ai governanti e a questo faccione da politico che in televisione mi sta parlando di “gestire il flusso di immigrati”.

Cara università ti scrivo


11 Dic

Caro Sig. Baltic Man,

Mi scuso per il ritardo con cui le rispondo, ma una serie di impegni di
famiglia (non previsti) e di lavoro (previsti), cui si è aggiunto anche il
cambio di computer all’università, con scontate conseguenze sul ricevimento
delle email (ovviamente anch’esse non previste, e pare che i guai ancora
non siano finiti), mi ha costretto a procrastinare i miei obblighi nei
confronti di tutti i corrispondenti, sicché solo adesso riesco lentamente a
emergere. Per il suo caso specifico (ovvero l’anticipazione di una parte
della trafila burocratica, come lei mi chiede) non posso fare nulla, perché
contrariamente agli studenti Erasmus per i quali è prevedibile, e quindi in
un certo senso in qualche modo anticipabile l’iter che dovranno percorrere,
per quelli del CINDA invece, per quanto ne ho capito (finora le richieste
sono state poche), ogni curriculum è un caso a sè stante, e soggiace a dei
criteri valutativi che vengono espressi da una commissione rettorale della
quale almeno finora non fanno parte i delegati alle relazioni
internazionali delle singole facoltà. In pratica noi riceviamo gli
incartamenti a cose fatte e spesso nemmeno quelli, in quanto per la sua
particolare tipologia lo studente CINDA (o per lo meno quello che si
iscrive a Genova) si rapporta direttamente con gli uffici centrali per
quasi tutto. Noi invece gli forniamo il supporto informativo per quanto
riguarda esami, lezioni e via dicendo assieme al relativo “iter”. Spero di
essere stato abbastanza chiaro, ma se ci fossero altre questioni continui a
scrivermi: le prometto che, contingenze dela vita e di lavoro permettenti,
sarò più sollecito nel risponderle. Cordiali saluti.

(risposta odierna a una mail che inviai nel gennaio 2008).

Primo novembre, festa d’Italia


31 Ott

C’è una brezza pesante e prende a pugni il silenzio, qua sulla cima del fondo del mondo. Voci lontane e segnali indistinti, fiumi di polemiche scorrono a fecondare quella famosa madre degli idioti conosciuta ai più. Laggiù nella valle grandi attività in corso d’opera, maniacale fermento nei preparativi per la celebrazione del proprio funerale. Pare che il Ministro Distruzione abbia proposto una gran gita scolastica collettiva a Waterloo, ma nessuno sa dov’è. Hanno studiato tutti (ma proprio tutti) nella Scuola Normale Cepu ma non si capiva niente perchè valentino rossi faceva ininterrottamente il rumore della sua moto, così son diventati tutti bidelli fannulloni. Che passano tutto il giorno a guardare la tv bugiarda, perchè i trozkisti e i menscevichi mandano in onda robe strane tipo un vecchio presidente che parla strano e parla di infiltrare qualcuno e mandar tutti all’ospedale e lavarsene le mani. Cosa tecnicamente impossibile in quanto l’acqua non è più un bene pubblico e nemmeno divino, e comunque è tutta andata a spegnere i miliardi bruciati nella borsa e quella che è rimasta è privata anche se ancora nessuno lo sa, e non lo vuole sapere, perchè noi qua ci si lava i piedi con il vino. Mentre la compagnia di bandiera è stata messa sull’asta e nessuno da lì l’ha ancora tolta, impegnati tutti a cercar di stabilire se è più cinese un cinese o meno italiano un algerino.

Ho come la netta e illuminante sensazione che l’anti-italiano qua non sono io: siete voi.

Diary of a Baltic Man

Real Eyes. Real Lies. Realize.


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